Bergoglio e la chiesa dei sepolcri imbiancati | Arturo Diaconale

14 Marzo 2015
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I primi due anni di pontificato di Papa Bergoglio sono stati festeggiati celebrando la celeste lungimiranza manifestata dallo Spirito Santo nell’ispirare il Conclave ad eleggere al Soglio di Pietro l’Uomo del Cambiamento della Chiesa.

In effetti il Pontefice venuto dall’altro capo del mondo ha dedicato i suoi primi due anni di attività al compito ricevuto dal Signore di rinnovare la Chiesa. Come primo atto ha preso il nome di Francesco per contrapporre il modello di Chiesa povera e mite a quella ricca ed arrogante da riformare. E successivamente non ha perso tempo nel denunciare la lobby omosessuale presente nella Curia, nel mettere mano alla riforma dello Ior, la banca vaticana dove per decenni è stato accumulato lo Sterco del Diavolo proveniente dalle operazioni finanziarie più azzardate, nell’ammettere e chiedere perdono per gli abusi sessuali e per la pedofilia così a lungo praticati e nascosti all’ombra delle Chiese, nell’invocare la necessità che i sacerdoti non siano giudici ma pastori vicini all’umanità sofferente.

Papa Bergoglio ha fatto un buon lavoro. Che però è ben lontano dalla conclusione. Come hanno dimostrato, all’indomani della sentenza di assoluzione della Cassazione di Silvio Berlusconi, le sortite del segretario della Cei, Nunzio Galantino, del direttore de “L’Avvenire” Marco Tarquinio, e del settimanale della potente congregazione dei Paolini, “Famiglia Cristiana”, tutte tese a ricordare che l’assoluzione per un reato non comporta l’assoluzione per il peccato in nome di una morale divina superiore a quella della legge umana.

Queste sortite sono il segno che l’azione di rinnovamento di Papa Francesco non ha ancora toccato la cultura della doppia morale tipica dell’integralismo clericale e dell’ipocrisia ancora dominanti all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. Quella cultura che spinge a denunciare la pagliuzza della debolezza umana presente negli occhi degli altri dimenticando di rimuovere la trave dei vizi presente in quelli propri.

Bergoglio, da buon gesuita, conosce perfettamente questo vizio. Che è il più radicato e vero ostacolo alla sua azione di cambiamento. Auguri, allora, al Papa argentino. Vasto programma quello della liberazione della Chiesa dai sepolcri imbiancati!