Quando lo scorso anno all’interno della curva Sud dello stadio Olimpico di Roma comparvero alcune figurine lasciate da alcuni tifosi della Lazio con l’immagine di Anna Frank nei panni di tifosa della A.S. Roma, scattò una ondata di indignazione nazionale ed internazionale alimentata dai media cartacei, televisivi e radiofonici di mezzo pianeta tesa a dipingere l’intera tifoseria laziale in una massa di neo-nazisti antisemiti da condannare per l’eternità.
Oggi che lungo le strade della Capitale compaiono manifesti con sopra la scritta “Lazio, Napoli, Israele, stessi colori, stesse bandiere, merde”, non scatta alcuna forma di indignazione e di condanna. Forse perché i manifesti in questione non sono stati affissi all’interno dello stadio Olimpico e se compaiono solo sulle strade possono essere derubricati in semplice manifestazione di pensiero sia pure scorretto? Oppure perché l’antisemitismo da stadio va condannato mentre l’antisionismo da città è considerato ammissibile in base al principio che gli ebrei morti vanno celebrati mentre quelli vivi e presenti in Israele possono essere tranquillamente criminalizzati? O forse perché il razzismo evidente nei confronti dei tifosi laziali, di quelli napoletani e degli israeliani che non intendono fare la fine dei loro antenati viene considerato peccato veniale rispetto a quello considerato ben più grave dalla cultura e dai media politicamente corretti?
Questi interrogativi non tendono a giustificare le scempiaggini a sfondo razziale su Anna Frank di alcuni tifosi laziali con l’evidente scempiaggine di alcuni tifosi romanisti. Servono a mettere in evidenza l’assurdità della regola dei due pesi e delle due misure adottata da giornali ed emittenti imbevuti di quel pensiero unico che si scandalizza per il presunto razzismo degli altri, ma è incapace di riconoscere il proprio. E sono diretti a sottolineare come sarà difficile combattere la violenza dentro e fuori gli stadi fino a quando il doppiopesismo politicamente corretto continuerà a dominare il sistema culturale ed informativo. Quel doppiopesismo che non si manifesta solo sulle forme di demenziale razzismo delle frange estreme di alcune tifoserie ma che, ad esempio, colpisce il ministro dell’Interno Matteo Salvini colpevole di aver ispirato misure di buon senso contro la violenza negli stadi evitando di cadere nella retorica dell’indignazione a senso unico tanto cara ai doppiopesisti del pensiero unico dominante. A Salvini viene contestato di essersi opposto allo stop delle partite in caso di cori razzisti, misura che penalizzerebbe la stragrande maggioranza dei tifosi non razzisti e renderebbe qualsiasi società di calcio oggetto di ogni forma di ricatto da parte di piccoli gruppi di delinquenti infiltrati nelle curve.
La vicenda si presta ad una considerazione precisa. Il razzismo va condannato in tutte le sue forme, ma anche la cretinaggine e la strumentalizzazione politica meritano altrettanto!