Il patto di governo e la guerra in Medio Oriente | Arturo Diaconale

11 Maggio 2018
11-mag-2018-BOMBA.jpg

Sarà interessante vedere se nel patto di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle ci sarà un capitolo contenente un’intesa sulla politica mediorientale del nostro Paese. Troppo presi dalle pur importanti questioni domestiche, prima fra tutte chi sarà il Premier che dovrà rappresentare l’equilibrio tra i diarchi, i futuri partiti di governo sembrano ignorare che nel Mediterraneo orientale, cioè in quello che un tempo si definiva Mare Nostrum, si è accesa una partita che potrebbe portare a un conflitto nucleare. Cioè a un evento che fatalmente riguarderebbe anche e comunque il territorio italiano. Non fosse altro perché dal Medio Oriente alla nostra penisola intercorre una distanza quasi simile a quella che intercorreva tra l’Italia e Chernobyl e che venne annullata dalle conseguenze del disastro nucleare avvenuto nella centrale russa.

Che ci sarà nel patto di governo sul tema del Medio Oriente? E, in particolare, sul tema del conflitto ormai sempre meno nascosto e sempre più diretto tra Iran e Israele che potrebbe portare a una guerra non solo convenzionale ma anche nucleare tra i due Paesi? I governi del Partito Democratico che si sono succeduti nell’ultima legislatura hanno tenuto sull’argomento una posizione volutamente ambigua, in tutto simile a quella dell’Unione Europea e degli Stati Uniti dell’epoca Obama, tutta incentrata sulla preferenza dei rapporti commerciali con l’Iran komeinista proiettato a conquistare l’egemonia sull’intera area piuttosto che sulla comprensione per le ragioni della sopravvivenza di Israele. Ma è finito il tempo del colpo al cerchio in favore dei commerci con l’Iran e dei colpetti alla botte in difesa della paura israeliana di scomparire dalla carta geografica mediorientale. Non solo perché a Barack Obama è succeduto Donald Trump, ma soprattutto perché l’Iran ha ormai stretto un assedio diretto allo Stato ebraico con i suoi terminali a Gaza e in Libano, Hamas e Hezbollah, e con il suo esercito che, impegnato in Siria a difendere Assad, si è schierato sul Golan a diretto contatto con un nemico di cui contesta apertamente l’esistenza.

Il problema non è sapere se il governo di Lega e Cinque Stelle stia dalla parte di una Israele che se l’assedio iraniano dovesse diventare incalzante non esiterebbe un istante a scatenare l’ennesimo conflitto per la sopravvivenza. O se stia dalla parte iraniana magari attraverso la solidarietà per i palestinesi di Gaza irreggimentati da Hamas o quelli del Libano organizzati militarmente da Hezbollah. Se sia più sensibile al pericolo di un olocausto nucleare israeliano (per distruggere l’intera Israele basta una sola bomba atomica a cui l’Iran potrebbe arrivare nel giro di poco tempo) o se voglia continuare a privilegiare i rapporti commerciali con il regime komeinista. Il problema è se abbia la consapevolezza di quanto sta avvenendo a distanza di poche migliaia di chilometri dal nostro territorio e se abbia una sola idea su come sia meglio comportarsi per salvare una pace messa in discussione da un possibile conflitto nucleare.

La scelta dell’equilibrio tra i diarchi è importante, ma lo è anche quella su come contribuire alla pace nel Mediterraneo.