Il pericolo del gattopardismo | Arturo Diaconale
ANSA/Fabio Frustaci

1 Giugno 2018
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Chi teme che il cambiamento possa essere troppo drastico e traumatico può trovare conforto dal finale all’italiana dei quasi novanta giorni di crisi. È un finale a “tarallucci e vino”, con la Festa della Repubblica, la sfilata in via dei Fori Imperiali in cui difficilmente ci saranno contestazioni di sorta, con le tre manifestazioni indette contemporaneamente per difendere Sergio Mattarella, e per contestarlo, che si scioglieranno in allegria e con il ricevimento del Presidente della Repubblica al Quirinale dove uscenti della vecchia nomenklatura politica ed entranti della nuova faranno passerella tra un pasticcino e un altro.

Insomma, il finale italico sembra garantire chi teme la rivoluzione. E, invece, è proprio questo il principale pericolo che grava sul governo del cosiddetto cambiamento. Quello che il tanto strombazzato cambiamento non ci sia e tutto si risolva in un “esci tu che entro io” che serve a dimostrare come nel nostro Paese il principio gattopardesco del tutto cambia, per mantenere il tutto inalterato e inalterabile, sia ancora attuale.

Il rischio, infatti, è che al cambiamento delle persone non corrisponda un cambiamento reale del sistema politico e burocratico messo in discussione, prima che dal voto del 4 marzo, dal suo sostanziale fallimento.

Non è un compito facile quello che attende il governo di Giuseppe Conte, esecutivo che nasce dalla doppia difficoltà di avere un premier sotto tutela dei suoi due vice e dalla precarietà del rapporto tra i suoi fondatori, Lega e Cinque Stelle, culturalmente e strutturalmente agli antipodi. Ogni ritardo, ogni prudenza, ogni debolezza, ogni piccolo inciampo assumerà l’aspetto di una battuta d’arresto. Ogni errore diventerà una sconfitta. Perché quando le attese sono gigantesche ogni motivo di delusione, anche il più ridotto, si ingigantisce.

La strada, dunque, è in salita ripida. Ma va assolutamente percorsa. Perché il Paese ha effettivamente bisogno di essere cambiato e adeguato a una realtà del tempo presente che non consente ritardi o nostalgie di epoche ormai superate.

Nessuna pregiudiziale legata al passato, allora. Ma solo un atteggiamento di stimolo costante. Che serva a evitare errori, debolezze, ritardi, battute d’arresto. E, soprattutto, che serva a realizzare un cambiamento reale. Quel cambiamento che dovrà necessariamente riguardare i partiti rimasti all’opposizione. Chi si ferma, alla nostalgia del tempo che fu, è perduto!