Il pollo di Trilussa di Boeri e Alesina | Arturo Diaconale

9 Luglio 2018
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Ma qual è il valore della forza dei numeri di chi, come il presidente dell’Inps Tito Boeri o l’economista Alberto Alesina, predica la necessità dell’immigrazione come unico mezzo per salvare le future pensioni degli italiani e risolvere il problema demografico del Paese? La risposta è quella del pollo di Trilussa. Cioè zero. Perché chi pensa di affrontare il problema in termini matematici non ha capito un bel nulla di quanto sta avvenendo non solo nel nostro Paese ma nell’intero Vecchio Continente. Uno zero ancora più spaccato, poi, vale la soluzione esclusivamente umanitaria con cui la sinistra tradizionale, i suoi vecchi santoni intellettuali e il mondo cattolico progressista pensa di dare alla questione delle grandi migrazioni delle masse africane verso l’Europa.

Anche questa parte della società italiana sembra non aver compreso il mutamento in atto nella società europea. Con l’aggravante che mentre economisti e boiardi di Stato in scadenza di mandato usano un linguaggio apparentemente scientifico e, quindi, volutamente asettico, i sinistri postcomunisti e quelli del volontariato progressista cattolico non hanno alcuna esitazione a predicare umanità e virtù con una violenza verbale incredibilmente elevata. Passi per Don Ciotti, che sarà pure un santo ma che è un invasato perennemente ai limiti della forsennatezza. Ma che dire degli insulti allucinanti lanciati dai Saviano, dai Camilleri e dalla solita compagnia di giro contro chi non la pensa come loro? L’umanità non può essere violenta. Se lo diventa è paranoia ammantata da ideologia, quella che nella storia ha sempre prodotto non solo aberrazioni politiche e sociali ma, soprattutto, l’incapacità di comprendere la realtà.

Nel nostro caso economisti alla Trilussa e invasati post-cattocomunisti non riescono a capire come il grande fenomeno in atto in Europa, innescato in maniera del tutto occasionale dall’avvento di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, sia l’inconsapevole risposta identitaria del mondo occidentale ed europeo a quella globalizzazione che avrebbe voluto omologare e uniformare l’umanità in nome dei supremi interessi finanziari. Quelli che per comodità intellettuale rimangono fermi agli schematismi ideologici del Novecento pensano che il fenomeno in atto sia un semplice e grossolano ritorno al fascismo. Invece è una reazione, forse tardiva ma sicuramente istintiva e potente, al tanto predicato declino dell’Occidente. Contro la quale non servono numeri fasulli e insulti sanguinosi!