La sorte segnata di Luigi Di Maio | Arturo Diaconale
ANSA/Ciro Fusco

31 Maggio 2018
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Comunque vada a finire la crisi che dura ormai da tre mesi, nessuno toglierà dalla testa dell’opinione pubblica italiana che il capo politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, sia stato spianato dalla ruspa di Matteo Salvini.

I rapporti di forza tra i due partiti, il Movimento 5 Stelle al 32,5 per cento e la Lega al 17, stabilivano in maniera fin troppo evidente che i leghisti avrebbero dovuto avere una sorta di rapporto subalterno e ancillare nei confronti dei pentastellati. Dopo 90 giorni di trattative il rapporto, che si era aperto con la rivendicazione del ruolo di Premier da parte di Luigi Di Maio in quanto capo del maggior partito del contratto di governo, si è totalmente ribaltato. Non solo perché Di Maio ha dovuto rinunciare immediatamente alla sua rivendicazione ma perché se mai dovesse nascere il governo giallo-verde questo Esecutivo risulterà inevitabilmente a trazione leghista.

La base grillina incomincia a rendersi conto che il proprio massimo rappresentante si è fatto incartare da Matteo Salvini. E lo stesso Di Maio ha ammesso di aver fatto la figura dell’ingenuo rispetto al rude e fin troppo furbo leader leghista. Questo significa che la sorte di Luigi Di Maio sia già segnata e che ben presto Beppe Grillo e Davide Casaleggio gli possano imporre un rapido rientro dentro le righe?

L’ipotesi è probabile. Ma ciò che è più sicuro è che se il governo non dovesse nascere e se le elezioni anticipate a settembre dovessero verificarsi, il Movimento Cinque Stelle sarebbe costretto a non prendere in alcuna considerazione l’eventualità di un patto elettorale con la Lega e a chiudersi nella linea di sempre segnata dalla scelta di andare comunque da soli al confronto elettorale.

L’arroccamento grillino avrebbe come contraccolpo il rimbalzo della Lega all’interno del centrodestra. Certo, a qualcuno potrebbe sicuramente venire in mente di sfidare la sorte facendo correre il Carroccio da solo. Ma perché correre il rischio di fare la fine di Marine Le Pen quando il quaranta per cento insieme con il resto di un centrodestra divenuto vassallo sarebbe a portato di mano?

In queste ore, quindi, si giocano i destini personali di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini. E anche quelli del Paese. Che, però, ha un vantaggio da non dimenticare. Perché i leader passano, mentre il Paese comunque rimane!