Riflessioni laiche | Arturo Diaconale

3 Novembre 2017
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Introduzione a "Democrazia e libertà" di Arturo Diaconale e Davide Giacalone

Per le ragioni che chiariamo nei nostri testi, abbiamo lanciato un appello alle donne ed agli uomini di quella che un tempo si definiva area laica e socialista, così come a quelle formazioni politiche e a quei partiti che a quel filone fanno diretto riferimento. Ma non solo: un appello anche a tutti gli italiani responsabili e consapevoli delle difficoltà che gravano sul paese.
Un appello a cosa? Lo scriviamo qui appresso.

A partire da quell’appello, pubblicato il 7 luglio 2004, si è aperto un dibattito, parte del quale ha trovato spazio nelle pagine de “L’Opinione”, e che qui riproduciamo nell’ordine cronologico. Gli interventi si sono protratti per tutta l’estate e, quindi, in un certo senso, questo libro viene chiuso in tipografia quando ancora non si è finito di scriverlo. Il che induce ad una duplice riflessione.

Da una parte abbiamo voluto forzare i tempi per fare di queste pagine uno strumento di dibattito politico, cercando di superare i tentennamenti e le ritrosie di persone (come noi stessi) che alla politica si dedicano per passione, ma non certo per professione. Dall’altra però, i temi di fondo, che qui si trovano, hanno origini lontane, occupano il dibattito di un secolo, e sono il nodo irrisolto di tradizioni politiche che molto hanno dato all’Italia, ma meglio avrebbero fatto, e meglio farebbero, a superare particolarismi e personalismi che sono il lato meno esaltante della loro storia e del loro presente.

Per queste ragioni abbiamo lavorato ad un testo più ampio, rispetto a quello del primo appello, rispondendo anche ad alcune obiezioni che c’erano state rivolte (e che qui si trovano). Prima fra tutte: ma perché parlare ancora di laici, non è forse roba di uno o due secoli fa? Speriamo di essere riusciti a dimostrare che quello che vogliamo non è certo il ritorno ai costumi ed alle divisioni ottocentesche. Piuttosto preferiamo guardare al futuro. Ma, su un punto, forse, le nostre preferenze ed i nostri gusti sono effettivamente retrò: a noi la politica piace come confronto d’idee, di programmi e d’interessi. In un certo senso: ci piace scritta e parlata, ma non urlata.

Più che lanciare un sasso nello stagno, ci siamo proprio buttati, nello stagno. La cosa che c’interessa di più non è galleggiare, ma rompere le acque stagnanti.