I tecnocrati e l’epurazione grillina | Arturo Diaconale

27 Settembre 2018
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Il problema non sono i tecnocrati. Che in ogni sistema politico, sia quello più semplice che quello più complesso e avanzato, esistono ed esercitano una funzione indispensabile per il funzionamento delle istituzioni. Il problema sono i tecnocrati nati e allevati all’interno di una particolare cultura politica un tempo assolutamente egemone e oggi in fatale declino.

Da questo punto di vista le sparate di Rocco Casalino contro i tecnici del Mef e quelle di Luigi Di Maio contro i tecnocrati annidiati all’interno dei ministeri e decisi a remare contro i provvedimenti del Governo giallo-verde, non sono affatto sbagliate. La questione dell’incompatibilità culturale tra i quadri dirigenziali della burocrazia formatisi all’insegna della cultura prima catto-comunista e poi genericamente progressista e politicamente corretta e le attuali forze politiche al governo, esiste e non è di facile soluzione. Perché i tecnocrati ed i burocrati di orientamento culturale diverso o opposto a quello del governo in carica possono contare su tutte le tutele e le garanzie previste per i dipendenti dello Stato. E non sono le minacce di vendetta di Casalino e le crociate preannunciate da Di Maio a cancellare la questione insieme con le tutele e le garanzie.

Il fenomeno, comunque, non è affatto nuovo. Nel nostro Paese si ripete ad ogni cambio di regime politico, a partire dalla formazione dello stato unitario fino al passaggio dal fascismo statizzato all’antifascismo anch’esso statizzato. Ed è sempre stato risolto, dopo una prima fase di conflitto tra i tecnocrati del precedente regime ed i rappresentanti politici del nuovo, con la progressiva conversione dei primi alle esigenze e alle ragioni dei secondi. Lo stato unitario inserì nelle sue strutture tutti i quadri degli stati precedenti. Il fascismo utilizzò a piene mani i tecnici ed i burocrati di cultura liberale e la Repubblica antifascista fece lo stesso lasciando al proprio posto i funzionari allevati dal fascismo e trasformandoli nei pilastri del nuovo ordine democratico.

Ma per seguire questa strada è necessaria una condizione indispensabile rappresentata dalla stabilità del nuovo regime. Fino a quando i nuovi equilibri politici non si saranno consolidati i tecnocrati ed i burocrati eviteranno di adeguarsi al nuovo corso nella speranza di poter tornare prima possibile all’antico. La questione, allora, rimane aperta. Perché nessuno è disposto a scommettere mezzo centesimo sulla possibilità che il Governo giallo-verde duri per l’intera legislatura!