Alla fine è arrivato anche Silvio Berlusconi a trasformare il 25 aprile in un’occasione da campagna elettorale. E così l’ultima palata di discredito su una data che dovrebbe essere il simbolo di una storia condivisa, ma che rimane l’esempio dell’impossibilità di uniformare e omologare le memorie, è stata gettata trasformando un anniversario in un pretesto elettoralistico.
Per la verità dall’inizio degli anni Sessanta in poi, cioè dall’avvento del centrosinistra e della creazione di una vulgata resistenziale ben presto trasformata in verità di regime, la data del 25 aprile è sempre stata una occasione di strumentalizzazione e di propaganda politica. Le infinite facce della sinistra hanno sempre sfruttato quella vulgata per riproporsi all’opinione pubblica come le sole componenti di quella aristocrazia repubblicana legittimata a guidare il Paese approdato alla democrazia grazie alla Resistenza. Da parte loro, gli eredi degli sconfitti della Seconda guerra mondiale non hanno mai mancato di sfruttare la marea retorica sollevata dalle sinistre per risvegliare le memorie nascoste di una guerra civile interminabile e per giustificare e legittimare la loro presenza nel panorama politico del Paese. A cercare di rompere questa spirale fu lo stesso Berlusconi dopo la tragedia del terremoto abruzzese del 2009 con il discorso pronunciato di fronte alle rovine di Onna in cui tentò di trasformare la data della divisione in una data di unificazione delle storie e delle coscienze. Sappiamo tutti, però, come il tentativo del Cavaliere naufragò sotto i colpi di nuove e più feroci strumentalizzazioni.
Mai come ora, però, la speculazione elettoralistica ha svuotato di qualsiasi significato il 25 aprile presentando agli occhi immemori delle nuove generazioni un anniversario che non ha altro significato oltre il pretesto per la campagna elettorale. Con Luigi Di Maio che trasforma la Resistenza nello strumento per rubare voti ad un Partito Democratico in disarmo e con Matteo Salvini che compie una operazione analoga per tenere stretti i voti succhiati al fronte moderato del vecchio centrodestra.
In questo modo la memoria non solo non è condivisa ma è anche e soprattutto svilita. Ed un paese, la cui identità è sempre stata formata dalle passioni e dalle memorie diverse, perde il fattore fondante del proprio futuro.