La manovra andata finalmente in porto conferma la natura precaria e conflittuale della coalizione governativa. Ogni partito, o frangia di partito o singolo leader, a partire dal Presidente del Consiglio, può rivendicare di aver imposto una sua particolare misura costringendo le altre componenti della maggioranza a piegare la testa. Ma il risultato complessivo di tutte queste mini-vittorie dei singoli non è la somma di una intesa collettiva ma solo la dimostrazione che nel governo ognuno pensa alla propria visibilità personale nella certezza che la blindatura della legislatura con il taglio dei parlamentari e la necessità di una nuova legge elettorale rendono impossibile una eventuale rottura con annesse elezioni anticipate e facilitano la conflittualità di coalizione.
In questa luce la finanziaria del governo giallo-rosso costituisce una sorta di prova generale di come il governo andrà avanti nei prossimi mesi: scontri continui e polemiche a non finire tra partiti e singoli leader all’insegna della ricerca del proprio personale posto al sole nella comune certezza che tanto non si vota.
Su questa convinzione grava però una incognita fondata sulla constatazione che alla stabilità sostanziale del quadro politico corrisponde una debolezza strutturale dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte. È come nella Prima Repubblica, quando la conventio ad excludendum nei confronti del Pci imposta dalle esigenze internazionali della guerra fredda rendeva inamovibile l’assetto politico generale lasciando però aperta la possibilità di cambiare i governi a seconda delle necessità contingenti delle forze politiche (partiti e correnti) di maggioranza.
Per il momento la concorrenzialità tra le componenti della coalizione giallo-rossa è destinata a rimanere sotto il livello di guardia. Ma tra qualche mese, magari sotto la spinta del risultati delle elezioni regionali, è facile prevedere che la tensione provocata dagli interessi delle parti e dei singoli potrà provocare una qualche esondazione. Di cui la prima vittima non potrà non essere l’attuale Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, come capitava regolarmente nella Prima Repubblica segnata dalla inamovibilità della formula del centro sinistra e dalla rotazione degli inquilini di Palazzo Chigi.
A quando “ Giuseppi stai sereno?”