Dal quadripartito al tripartito senza stampella | Arturo Diaconale

20 Febbraio 2020
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La proposta dell’elezione diretta del Premier può essere interpretata come la proposta al centro destra di sostituire il governo Conte-bis con un esecutivo d’emergenza destinato a realizzare la grande riforma istituzionale e portare il paese alle urne. Ma può essere anche considerata un modo per preannunciare che Italia Viva si batterà contro la modifica in senso proporzionale della legge elettorale e che la rottura su questo terreno con il Pd ed il resto della maggioranza si aggiungerà a quelle già esistenti sulla giustizia, sulle autostrade, sullo sblocco delle opere pubbliche e via di seguito.

Si può discutere su quale sia il significato più profondo e vero dell’iniziativa di Matteo Renzi. Ma non può esistere alcun dubbio sul fatto che essa rappresenti una uscita definitiva di Italia Viva dalla coalizione governativa.

Il Presidente del Consiglio può anche reagire facendo finta di niente ed il Pd lanciando una campagna di demonizzazione del secondo Matteo destinata ad affiancarsi a quella contro il primo. Ma indifferenza forzata e parificazione di Renzi a Salvini sul terreno del linciaggio politico non cambia la realtà costituita dalla rottura del patto di maggioranza.

Al governo nato quadripartito manca ora una gamba. Logica vorrebbe che il Presidente del Consiglio, che ostenta sicurezza di avere in Parlamento i voti necessari per continuare a governare, si presentasse prima al Quirinale comunicando la lacerazione subita dalla coalizione governativa e poi alle Camere per sollecitare una nuova fiducia da parte della restante maggioranza e per scoprire se esista o meno una stampella parlamentare per puntellare il proprio esecutivo ora tripartito.

Contro questa logica si schierano quanti rilevano che se la verifica di Conte finisse in un fallimento non ci sarebbe alcuna possibilità di andare ad elezioni anticipate. Perché si dovrebbe attendere l’esito del referendum sulla riduzione dei parlamentari e la successiva ridefinizione dei collegi. E perché se la riforma elettorale in senso proporzionale non dovesse andare in porto si dovrebbe votare con l’attuale sistema proporzional-maggioritario considerato il più funzionale ad una vittoria del centro destra.

Ma bastano queste argomentazioni ad impedire al Parlamento di prendere atto che il governo quadripartito è diventato tripartito e non ha più una maggioranza definita?

L’interrogativo investe Conte e, se il Presidente del Consiglio da questo orecchio non ci sente, ricade automaticamente sulle spalle del Presidente della Repubblica che non può fare a meno di affrontarlo e risolverlo. Quanto meno con una formale chiamata al Quirinale del Premier!