Dare soldi, non vedere migranti | Arturo Diaconale

22 Gennaio 2019
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La vecchia battuta “dare soldi, vedere cammello” va modificata in “dare soldi, non vedere migranti”. Pare che questa sia la vera ragione della recrudescenza dei barconi di profughi che sfidano le onde invernali del Mediterraneo ed affondano aprendo crepe nel Governo italiano tra chi vuole continuare a tenere i porti chiusi e chi li vuole riaprire per stare in pace con la propria coscienza. Sembra, cioè, da quanto viene scritto su autorevoli giornali notoriamente ben informati, che i barconi siano ripartiti perché il Governo italiano non avrebbe rispettato le promesse di aiuti assicurate alle autorità libiche prima da Marco Minniti e poi da Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Qualcuno, per la verità, inserisce tra le promesse non mantenute anche la famosa autostrada promessa da Silvio Berlusconi a Gheddafi e che, sulle orme della via Balbia, avrebbe dovuto collegare Tripoli con Tobruk. Ma, visto che nel frattempo la Libia si è frantumata in mille pezzi, non si capisce chi potrebbe dolersi per una mancata autostrada che comunque senza l’unità territoriale di uno Stato riunificato non si potrebbe mai realizzare.

Proprio lo spunto dell’autostrada irrealizzabile, però, provoca un interrogativo sulla formula del “dare soldi, non vedere migranti”. A chi sono state fatte le promesse non mantenute? Ai due governi libici formalmente esistenti? Alle decine di diversi gruppi armati che controllano il territorio? Ai capi tribù o ai capi scafisti che trafficano in armi, droga ed esseri umani regolando a proprio piacimento il flusso dei barconi dei disperati diretti verso l’Italia?

Sapere a chi sono state fatte le promesse può aiutare a capire chi oggi stia riaprendo il rubinetto dei migranti ma deve servire anche a riconoscere che le misure-tampone avviate da Minniti e proseguite da Salvini e Conte possono funzionare nel breve periodo ma non solo non risolvono il problema ma lo aggravano esponendo il nostro Paese al ricatto di chiunque. Dai signorotti della guerra libici ai criminali che trafficano con gli esseri umani fino alle Organizzazioni non governative che puntano a fare dell’Italia un enorme campo di concentramento di immigrati africani destinato a svolgere il ruolo di cuscinetto a vantaggio del resto degli Stati europei.

La riflessione porta ad una sola conclusione. Fino a quando la Libia vivrà nel caos il nostro Paese sarà esposto ai ricatti ed alle minacce di chiunque. Di qui la necessità di mettere a punto una strategia politica di ampio respiro nei confronti della Libia. Che non preveda solo promesse ed aiuti, ma anche scelte nette rispetto ai burattini in campo ed ai loro burattinai internazionali!