Gli interessi concreti delle lobby della bontà | Arturo Diaconale

7 Gennaio 2019
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Ha un punto debole la motivazione evangelica e l’afflato morale ed etico di chi predica l’accoglienza indiscriminata e lancia campagne di durissima opposizione nei confronti di qualsiasi misura possa mettere un qualche freno al fenomeno dei flussi migratori incontrollati. Il punto debole è l’interesse economico che fa capolino dietro la misericordia, l’amore per il prossimo, la passione per i più poveri che fuggono dalla fame e dalla guerra e cercano riparo nell’Occidente, grasso di profitti realizzati con la sfruttamento sistematico dei Paesi da cui i migranti si allontanano con dolore e disperazione.

Questo interesse, ovviamente, non va criminalizzato. Non si può paragonare Salvatore Buzzi, il personaggio di “Mafia Capitale” autore della considerazione secondo cui “l’immigrato rende più del traffico di droga”, con chi si prodiga nel favorire l’accoglienza combattendo tutti gli ostacoli tesi a limitarla e tenerla sotto controllo in nome della solidarietà umana e dei principi cristiani. Ma non criminalizzare un interesse assolutamente legittimo non significa ignorarlo, negarlo, nasconderlo come avviene in maniera fin troppo regolare e scontata per evitare di ammettere l’esistenza di una lobby della bontà decisa a difendere ed a promuovere materialmente se stessa.

La Presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, ha giustamente ricordato che il mondo della solidarietà rappresenta non solo una eccellenza morale del nostro Paese ma anche un settore importante dell’economia nazionale con i suoi ottocentomila addetti. Alla considerazione della seconda carica dello Stato va aggiunto, però, che questo settore ha assunto dagli anni ‘70 in poi un rilievo non solo sociale ed economico ma anche politico trasformandosi in un terreno in cui si sono progressivamente radicate da un lato organizzazioni ispirate alle diverse tradizioni della cultura di sinistra (da quella storica della mutualità solidaristica a quelle più moderne delle diverse componenti dell’internazionalismo umanitario post-marxista, anti-capitalista ed anti-occidentale) e dall’altro le organizzazioni del volontariato cattolico ora sempre più allineate al terzomondismo, anch’esso anticapitalista ed anti-occidentale, di Papa Bergoglio.

Queste organizzazioni, sia quelle di sinistra che quelle cattoliche, costituiscono non solo delle eccellenze ma anche delle lobby potenti e combattive. Che operano sul terreno politico quando c’è da opporsi al tentativo dello Stato di sottoporle ad una tassazione non privilegiata e quando c’è da contrastare ogni tentativo di frenare una accoglienza a carico dello Stato senza la quale le lobby perdono spazi, potere, denaro.

L’azione delle lobby, va ribadito, non può essere criminalizzata. Ma sapere che dietro la bontà e l’umanità ci sono interessi materiali profondi è indispensabile perché questi interessi particolari possano convivere con quelli generali evitando la pretesa dei solidali pelosi di puntare alla santità con i soldi pubblici!