Un grave pericolo grava sul mondo di cultura liberale. Quello di essere progressivamente fagocitato dall’opposizione di stampo esclusivamente moralistico scattato come riflesso pavloviano nella sinistra italiana. In realtà anche una parte del mondo liberale, quella che si considera erede diretto di quell’azionismo del secolo scorso, sembra aver impostato tutta la sua azione politica sulla riprovazione di stampo moralistico dei propri avversari del momento. Quel tipo di opposizione è stata sicuramente meritoria sul piano etico ma totalmente fallimentare su quello politico. Il moralismo tratto da una mal digerita lezione mazziniana spianò la strada all’avvento del fascismo e quello successivo antidemocristiano stabilizzò per alcuni decenni il cosiddetto regime egemonico del partito dei cattolici. Chi si sente erede di tanti fallimenti dovrebbe riflettere attentamente sulla utilità di ripetere oggi quel tipo di opposizione. Tanto più che a dettare i tempi dell’opposizione moralistica non sono gli eredi del Conte Sforza, quelli che ad imitazione dell’avo portano la propria testa come se fosse il Santo Sacramento, ma i gruppi dirigenti di una sinistra che tenta di risorgere dalle proprie ceneri rispolverando l’unico schema con cui è andata avanti nel nostro Paese dalla fine del compromesso storico ad oggi. Quello dello “sdegno, della condanna e della esecrazione” di chi ha la gravissima colpa di averla sconfitta politicamente.
A chi non è lepenista italico o sovranista non piacciono di sicuro i proclami stentorei di Matteo Salvini. Per non parlare del nulla culturale e programmatico del Movimento Cinque Stelle e dei suoi dirigenti, gente che non ha neppure aspettato di entrare nel governo nazionale prima di lasciarsi abbracciare e soffocare dal tradizionale affarismo romano.
Ma se a Matteo Salvini e a Luigi Di Maio si reagisce come Oliviero Toscani, che definisce cretino il leader leghista e gli pronostica un processo di Norimberga come se avesse di fronte un gerarca nazista (quella di Toscani è l’esempio più significativo dell’opposizione moralistica della sinistra) si finisce in un delirio che serve solo a rendere più forte ed efficace il messaggio di stampo lepenista, sovranista o nullista del governo giallo-verde.
L’opposizione liberale non deve essere moralista ma solo ed esclusivamente politica. Ispirata non da istanze etiche che nascondono i privilegi perduti della vecchia casta privilegiata della sinistra, ma da un sano realismo fondato su una laicità troppo a lungo dimenticata.
Questo realismo deve spingere a giudicare sui fatti e non sulle parole. Fino ad ora di parole ce ne sono state tante, e alcune hanno avuto il merito di sollevare a livello europeo la questione dell’immigrazione e quella della ridefinizione dei trattati. Ma ora debbono seguire i fatti. Cioè proposte concrete per la soluzione dei problemi sollevati. Se queste proposte saranno efficaci non sarà un peccato condividerle. Se saranno sbagliate andranno combattute! Fino ad allora no ai riflessi pavloviani e alle eredità dei Santi Sacramenti!