Il danno della supercazzola di Conte | Arturo Diaconale

11 Marzo 2019
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Il compromesso sulla Tav inventato da Giuseppe Conte che sposta la questione a dopo le elezioni europee non solo non la risolve ma costituisce un danno d’immagine sia per il Movimento Cinque Stelle sia per la Lega. La formula escogitata dal Premier per scongiurare la crisi di governo sancisce in maniera incontrovertibile che per i due partiti della coalizione governativa le rispettive posizione identitarie – lo sviluppo per la Lega, la decrescita per i Cinque Stelle – possono essere tranquillamente subordinate alla conservazione del potere governativo.

Questa subordinazione degli ideali alla tenuta delle poltrone è un fenomeno assolutamente normale per tutte le forze politiche tradizionali. Ma il M5S rivendica la propria totale diversità dagli altri partiti. Fa del rifiuto assoluto al mercimonio tra ideali e potere la propria ragion d’essere. E anche la Lega nasce con la rivendicazione di questa purezza pur se nel corso degli anni ha imparato ad adattare i principi immodificabili alle necessità contingenti.

Per questo la supercazzola escogitata da Conte costituisce un danno d’immagine per i due partiti governativi. Meno devastante per la Lega di Matteo Salvini, ma sicuramente carica di forti conseguenze negative per i Cinque Stelle di Luigi Di Maio.

Quest’ultimo appare agli occhi dell’opinione pubblica del Paese e dell’intera base grillina come un modesto emulo dei tanto esecrati esponenti politici della Prima Repubblica, di quelli ferocemente fedeli al principio che tutto può essere piegato di fronte alla tenuta del potere. E, soprattutto, dimostra di essere un leader dai nervi fragili incapace di gestire con razionalità e lungimiranza le situazioni di difficoltà.

A poche settimane dal voto europeo il capo politico grillino esce ancora una volta umiliato dal confronto con Salvini. Quest’ultimo deve sicuramente incominciare a spiegare al proprio elettorato perché mai la Lega debba ancora sopportare un alleato totalmente inadeguato che provoca danni al Paese. Anche se può rivendicare di non aver ceduto di fronte al ricatto grillino sul “No” alla Tav. Ma Luigi Di Maio che può raccontare alla propria base oltre la favola ridicola che gli avvisi di bando non sono bandi?

L’agonia del governo, quindi, viene prolungata fino al voto europeo. Dove la Lega rischia di arrivare con il fiatone e il Movimento Cinque Stelle in coma irreversibile.