Il fallimento del modello italiano d’integrazione | Arturo Diaconale

6 Febbraio 2018
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È decisamente inquietante lo scambio strumentale tra i diversi soggetti politici sulle presunte responsabilità  della sparatoria di Macerata. Dire, come ha fatto Roberto Saviano, che la colpa è di Matteo Salvini è da irresponsabili. Ed è preoccupante che sulla scia dello scrittore si sia posta immediatamente la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, che ha intimato al segretario della Lega di scusarsi della sua campagna per il controllo dell’immigrazione.

È decisamente inquietante lo scambio strumentale tra i diversi soggetti politici sulle presunte responsabilità  della sparatoria di Macerata. Dire, come ha fatto Roberto Saviano, che la colpa è di Matteo Salvini è da irresponsabili. Ed è preoccupante che sulla scia dello scrittore si sia posta immediatamente la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, che ha intimato al segretario della Lega di scusarsi della sua campagna per il controllo dell’immigrazione.

Nessuno, ovviamente, si stupisce delle forzature e dei toni sopra le righe della campagna elettorale. Ma queste esasperazioni non vanno denunciate in nome di un generico perbenismo che non ha alcun effetto concreto. Vanno contestate, al contrario, perché l’eccesso di clamore polemico impedisce di comprendere il vero e più profondo significato della vicenda di Macerata. La sparatoria avvenuta nella cittadina marchigiana dimostra in maniera inequivocabile il fallimento del modello di accoglienza e di integrazione sperimentato nel nostro Paese in alternativa a quello inglese della società multietnica e multirazziale dei grandi centri urbani e a quello francese dell’assimilazione in nome dei valori laici della Repubblica oggi guidata da Emmanuel Macron.

In Italia i governi di centrosinistra che si sono succeduti negli ultimi anni, in piena e totale sintonia con la Chiesa di Papa Bergoglio, hanno elaborato un modello di accoglienza e integrazione diverso da quelli risultati tragicamente falliti in Gran Bretagna e in Francia. Il modello prevede di non concentrare l’accoglienza dei migranti nelle grandi città. Ma, per evitare i fenomeni delle banlieue francesi dei moderni ghetti inglesi diventati terreno di coltura del fondamentalismo islamico, di distribuire quote ridotte di migranti in ognuno degli ottomila comuni italiani nella convinzione che inserimenti limitati in piccole comunità locali avrebbe dovuto ridurre le tensioni dell’accoglienza e dare vita a una più facile e rapida integrazione.

A Macerata, dove sono stati accolti settecento nigeriani, il modello si è rivelato totalmente sbagliato. Perché quote ridotte di migranti in piccole realtà possono essere accolte e integrate senza contrasti solo se esiste la possibilità di assicurare loro una casa dignitosa e un lavoro stabile. In caso contrario, cioè nel caso di un territorio segnato dalla crisi economica e ferito da alti tassi di disoccupazione (cioè della stragrande maggioranza del territorio nazionale), i migranti diventano per ragioni di sopravvivenza il serbatoio dello spaccio di ogni tipo di droga e di ogni genere di illegalità.

In periodo di crisi, in sostanza, il modello italiano risulta fallimentare come quello inglese e quello francese. Sinistra e Chiesa se ne facciano una ragione!