Il rischio del neo-nazarenismo | Arturo Diaconale

4 Giugno 2018
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“Ora lo Stato siamo noi”. L’affermazione di Luigi Di Maio di fronte alla folla grillina festante di piazza Bocca della Verità si presta alle più svariate ironie. Da quella sulla sindrome da Luigi XIV che avrebbe colto il capo politico del Movimento 5 Stelle a quella sulla infantile ignoranza di chi identifica lo Stato con il governo lasciando intendere che di questo passo se ne vedranno sicuramente delle belle. Ma un pizzico di verità di fronte alla Bocca della Verità è stato detto. E si compirebbe un errore marchiano se gli unici commenti al trionfalismo grillino per l’ingresso nella “stanza dei bottoni” fossero quelli degli sberleffi più o meno feroci. L’errore è non capire che il cambiamento è in atto. E che, prima ancora di essere politico, è generazionale e antropologico.

Questo errore è il pericolo più grande che grava sulle due opposizioni al governo giallo-verde del triumvirato Conte-Di Maio-Salvini. Quella delle diverse anime della sinistra e quella del mondo moderato dei partiti di centrodestra rimasti fuori dalla coalizione governativa.

L’irrisione, affiancata alla nostalgia per l’egemonia ormai persa, è il mastice più sicuro per tentare di mettere insieme l’opposizione di sinistra. Ed è facile immaginare che a questa mistura di rabbie recenti e di ricordi passati le molteplici sinistre faranno riferimento per tentare di riorganizzarsi dopo la tragedia di una sconfitta epocale.

Ma se c’è una deriva che il centrodestra non salviniano deve evitare è proprio quella di mettersi a rimorchio di una sinistra recriminatoria e nostalgica. Nessun fronte repubblicano può nascere tra Forza Italia e Partito Democratico renziano (ipotesi cara ai neo-nazarenici) se è la sinistra orfana dell’egemonia a pretendere di guidare lo schieramento dell’“heri dicebamus”.

La destra e il centro moderato, liberale e popolare, non hanno nostalgie egemoniche da rimpiangere. Perché egemoniche non lo sono state neppure negli anni del massimo consenso berlusconiano. Hanno, in compenso, idee e valori da ribadire, da proporre, da difendere con la massima energia nella consapevolezza che la verità di Bocca della Verità è il processo di cambio generazionale verificatosi con l’avvento al governo dei due populismi.

Lo Stato non è diventato grillino ma sono i grillini che sono entrati nello Stato. E se destra e centro liberale e popolare vogliono rimanere fedeli ai loro valori debbono evitare di mettersi sulla sponda del fiume a recriminare attendendo il passaggio dei cadaveri dei loro avversari. Se lo facessero correrebbero il rischio di attendere per anni. Hanno, al contrario, il dovere di presidiare il corso del fiume impedendo che si possa piegare verso sbocchi di tipo venezuelano.

Fuori di metafora il centrodestra può dall’esterno pesare e condizionare fortemente la coalizione governativa. Sulla giustizia, sulle infrastrutture, sulla pressione fiscale, sull’immigrazione e su tutte le altre grandi questioni che pesano sul Paese. Non farlo guardando avanti piuttosto che indietro significherebbe lasciarsi fagocitare o dalla sinistra o dai presunti nuovi barbari!