La bomba nucleare di Luigi Di Maio contro la Lega | Arturo Diaconale

17 Maggio 2019
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Non bisogna essere dei fini politologi o giuristi per rilevare la sproporzione esistente tra la debolezza delle accuse contro esponenti lombardi della Lega e di Forza Italia (finanziamento illecito, nomine pilotate per voto di scambio) e la bomba atomica della denuncia di una nuova Tangentopoli di matrice leghista lanciata dal capo politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio.

Questa montagna di accuse poggia su basi vaghe. Debbono essere dimostrate e portate al vaglio di processi in cui possono essere smontate facilmente. E proprio perché non rappresentano un nuovo caso Chiesa e non scoperchiano la pentola in cui si nasconde il vizio di fondo della Repubblica ma solo (ed eventualmente) l’inevitabile scarto di macchine di potere in funzione da molto tempo, rendono fin troppo evidente come il lancio del missile a testata nucleare della Nuova Tangentopoli sia un atto troppo grave per non essere il frutto di una strategia attentamente programmata.

Matteo Salvini è convinto che la bomba serva ad impedire in extremis la vittoria elettorale della Lega. E sospetta che l’iniziativa estrema dei grillini nasca dai tradizionali rapporti privilegiati esistenti tra i pentastellati ed alcune procure. Ma non tiene conto che è proprio l’esilità della presunta giustizia ad orologeria a rendere esasperata l’accusa di Nuova Tangentopoli lanciata da Di Maio. Il sospetto di un qualche combinato disposto tra grillini e qualche magistrato continua ad esistere. Ma il leader della Lega dovrebbe convincersi che la partita non è quella solita tra magistratura e politica con il Movimento Cinque Stelle a cavalcare a proprio vantaggio la rivoluzione giudiziaria. Rispetto al passato la novità è rappresentata dal fatto che un flebile pretesto giudiziario serve al partito con cui la Lega governa il Paese di lanciare un mezzo estremo di distruzione di massa contro il proprio alleato. Tutto questo per scongiurare l’ipotesi di una vittoria elettorale in un voto, come quello del 26 maggio, che non incide nei rapporti di forza del Parlamento nazionale. Il ché dovrebbe imporre a Salvini di chiedersi quale tipo di guerra estrema potrebbe scatenare Di Maio nel caso di elezioni politiche anticipate. Ma, soprattutto, se sia mai possibile continuare a tenere in piedi una alleanza in cui il partner non si limita a sognare di farti lo sgambetto, ma si prepara a dissolverti nell’acido.