Se la corsa alla segreteria del Partito Democratico fosse stata vinta da Maurizio Martina o da Roberto Giachetti è probabile che la lista unitaria per le elezioni europee ipotizzata da Carlo Calenda tra i democratici e “Più Europa” sarebbe stata realizzata. Ma a diventare segretario con larga maggioranza popolare è stato Nicola Zingaretti. Ed il listone, in cui sarebbe dovuto entrare anche il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, è svanito come neve al sole. La spiegazione ufficiale dice che i tre esponenti di “Più Europa”, il segretario Benedetto Della Vedova, la radicale Emma Bonino e l’ex democristiano Bruno Tabacci, hanno rinunciato all’unità elettorale perché convinti che il loro partito, che comunque nel Parlamento europeo non sarebbe mai entrato nel gruppo socialista ma in quello liberale, supererà il quattro per cento. La spiegazione reale è che Zingaretti non ha alcuna intenzione di mescolare il Pd con altre e diverse formazioni politiche, ma punta a rilanciare il partito puntando sul risveglio della sua anima di sinistra talmente umiliata e bastonata durante l’era Renzi da finire alle ultime politiche a votare in gran parte per il Movimento Cinque Stelle.
Nell’era della egemonia cultura giustizialista la tendenza dominante spinge a giudicare vicende politiche dando ragione agli uni e torto agli altri e stabilendo una differenza tra i buoni ed i cattivi. Ma mai come in questo caso la cultura giustizialista è sbagliata e fuorviante. Perché ad avere ragione sono sia Zingaretti che il trio Della Vedova, Bonino, Tabacci. I due partiti puntano legittimamente ad approfittare del sistema proporzionale delle elezioni europee per recuperare l’identità come il Pd o conquistare identità come “Più Europa”. Per cui non possono essere accusati di un bel nulla tranne che di aver profondamente deluso Carlo Calenda.
Diversa, invece, è la valutazione politica che emerge dal mancato accordo. Una valutazione che vede confermata la constatazione dello spostamento a sinistra del Pd alla ricerca dei voti in libera uscita verso il M5S con conseguenti ripercussioni non solo su “Più Europa” ma anche sull’intero sistema politico nazionale.
Il partito di Della Vedova, della Bonino e di Tabacci potrebbe sfruttare il ritorno al passato post-comunista del Pd zingarettiano cercando di occupare quella parte della sinistra cattolica, liberale e socialista di fatto abbandonata dai democratici. Ma il deficit di identità di un “Più Europa” composto da radical-poltronisti e da un reduce della sinistra democristana rende difficile l’operazione. Al tempo stesso, la conferma che Zingaretti sposta a sinistra il Pd cancella l’ipotesi di un asse Pd-M5S in caso di crisi di governo post-elettorale e libera un vuoto in quel centrosinistra dello schieramento politico che era stato conquistato negli anni passati da Matteo Renzi.
Ci vorrà tempo prima che quel vuoto possa essere colmato. E nel frattempo il Governo giallo-verde potrà continuare a mostrare le proprie divisioni ed a fare danni!