Cresce la preoccupazione per la presunta deriva autoritaria in atto che minaccerebbe di trasformare la nostra democrazia in un regime illiberale in cui i diritti civili vengono conculcati e le libertà individuali cancellate.
A sostegno di tale preoccupazione montante vengono portati i decreti sulla sicurezza, le misure contro le Ong, le affermazioni di Vladimir Putin e la predicazione – come ha detto il sottosegretario Vincenzo Spadafora facendosi portavoce del sentimento diffuso nella sinistra grillina e tradizionale – sessista, omofoba e razzista del leader della Lega Matteo Salvini.
Ciò che più colpisce di questa preoccupazione talmente debordante da apparire una sorta di ossessione paranoica, è che a nutrirla e manifestarla con la massima intensità sono gli illiberali di una volta. Quelli che si definiscono i veri liberali del presente ed in questa veste danno lezioni di liberalismo a chiunque capiti loro sottomano, compresi quelli che liberali lo sono sempre stati e non hanno bisogno di ripassi fatti da convertiti dell’ultima ora o da folgorati sulla via di Croce o Popper per esigenze ed opportunità politiche contingenti.
Il metro che i neo-difensori del liberalismo ostentato usano per distinguere tra i liberali veri, cioè quelli che sono dalla loro parte, e gli illiberali, cioè quelli che si trovano dalla parte opposta, è Salvini. Se si è schierati contro il vicepresidente leghista e lo si considera il prototipo dell’illiberalisimo rozzo ed antidemocratico, si fa parte degli illuminati dal verbo della libertà. Se per accidente si è schierati con i suoi sostenitori o si condivide qualcuna delle sue posizioni, si è automaticamente collocati nel girone degli antidemocratici illiberali pronti a favorire ogni genere di deriva autoritaria. Da quelle presenti di Orbán, Putin e Trump a quelle passate di Mussolini, Hitler e Franco.
Ed è proprio l’esistenza di un metro del genere che fa mettere in discussione l’esistenza di un pericolo illiberale sulla democrazia italiana. Perché quelli che oggi lo usano per separare i buoni antisalviniani dai cattivi salviniani, sono gli stessi che hanno usato il metro Berlusconi (e prima ancora quello Craxi e quello De Gasperi degli albori della democrazia repubblicana) per separare i buoni dai cattivi e porsi sempre e comunque come i detentori della luce della verità in contrapposizione ai portatori di tenebre.
Il metodo è dunque antico e anche molto usurato. Ma poggia su una condizione favorevole. I liberali veri hanno voci troppo flebili per smascherare una volta per tutte i liberali finti, che da decenni denunciano derive autoritarie che non si verificano mai e che servono solo a nascondere il fallimento delle loro ideologie di partenza.