La febbre del Pd ed il collasso del governo | Arturo Diaconale

16 Gennaio 2020
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Nessuno è riuscito a capire quale sia stato il risultato della riunione conventuale del gruppo dirigente del Pd svoltasi in Sabina nei giorni scorsi. Nei propositi ufficiali della vigilia avrebbe dovuto dare il via ad un processo di profondo rinnovamento del partito guidato da Nicola Zingaretti avviando un percorso che avrebbe dovuto portare ad un congresso primaverile destinato a dare un nuovo volto ed una nuova linea politica alla formazione politica erede delle tradizioni comunista e cattolico progressista.

Ma simili propositi non sono stati affatto precisati. Forse si farà un congresso. Forse si procederà ad un nuovo assetto di vertice, segretario compreso. Forse si procederà alla elaborazione di una strategia in grado di rilanciare il partito. Dietro tutti questi forse, però, non c’è alcuna certezza. Tranne l’ammissione un po’ ingenua che attraverso la riforma del sistema elettorale e l’introduzione del proporzionale con lo sbarramento al cinque per cento il Pd, che nel frattempo vuole continuare nell’alleanza con il Movimento Cinque Stelle e mantenere in vita il governo il più a lungo possibile, conta di arrivare al momento delle elezioni per operare una sorta di Opa ostile nei confronti dell’elettorato grillino e ritornare ad essere il partito a vocazione maggioritaria della sinistra.

Come dovrebbero reagire i dirigenti del M5S di fronte a questa sfrontata ed arrogante intenzione di approfittare della crisi grillina per fare un solo boccone dell’attuale alleato? La risposta è già venuta dal vice ministro Buffagni, che ha escluso tassativamente ogni ipotesi di alleanza organica tra grillini e democrats. Ma è fin troppo evidente che i propositi sfrontati e le risposte esaustive fanno parte di un gioco diretto a tenere buone le componenti interne dei due partiti in attesa del momento della verità atteso per la fine della prossima settimana.

Questo momento è quello in cui si conoscerà il risultato delle elezioni in Emilia Romagna. Un eventuale esito negativo per Pd e M5S manderà all’aria ogni tipo di strategia trasformando di colpo l’ipotesi di elezioni politiche generali anticipate nell’unica via di rilancio disperato dei due partiti.

È comprensibile, allora, che la riunione conventuale non sia servita a nulla. Tranne che a misurare la febbre con brividi che sale all’interno del Pd in attesa del voto emiliano-romagnolo. Una febbre che può portare al collasso. Sia del partito che del governo.