Giuseppe Conte è convinto che il prossimo futuro non riserverà ribaltoni di sorta per il suo governo. Ma la manovra inviata all’Europa è segnata dalla formula “salvo intese” su alcune misure che Movimento Cinque Stelle ed Italia Viva considerano identitarie. Ed, a dispetto dell’ottimismo ostentato dal Presidente del Consiglio, appare logico e scontato porsi l’interrogativo su quanto potrebbe succedere se queste “intese” non dovessero arrivare. Che succede, infatti, se Italia Viva insiste sulla richiesta della cancellazione di “quota cento”? E se la componente grillina continua a prendere di modificare ad ogni costo il codice penale con un decreto legge per introdurre la pena del carcere per grandi e piccoli evasori?
Conte può pure sperare di essere in grado di superare agevolmente queste difficoltà riguardanti il “salvo intese”. Se non lo facesse dovrebbe automaticamente ammettere che il suo secondo governo è affondato prima ancora di prendere il mare.
Ma l’umana comprensione per i sentimenti del Premier non possono far illudere che le tempeste all’orizzonte dell’esecutivo, favorite dalla speranza di intese ancora tutte da definire, siano totalmente inesistenti. La formula usata per varare la manovra stabilisce che la precarietà è il segno distintivo dell’attuale coalizione governativa. L’equilibrio creato attorno a questa precarietà si può rompere da un momento all’altro e, soprattutto, per uno qualsiasi di quei motivi considerati identitari dai partiti della maggioranza. Il ché pone Conte sotto la mannaia degli interessi particolari e mutevoli non tanto del Pd e della sua costola di sinistra Leu quanto del Movimento Cinque Stelle e dell’Italia Viva.
La crisi, dunque, è dietro l’angolo. Può avvenire prima di Natale a seguito di un risultato particolarmente negativo per il fronte giallo-rosso in Umbria. Ma può anche slittare a Pasqua se il partito renziano dovesse stabilire che per crescere nel Palazzo e fuori non può rinunciare alla battaglia contro la “quota cento” e si deve opporre ad oltranza alla prospettiva del carcere per alcuni milioni di cittadini.
E chi sarebbe la vittima di questa crisi che non potrebbe sfociare in elezioni anticipate vista l’impraticabilità della modifica della legge elettorale? Conte, sempre Conte, fortissimamente Conte!