La ragione della pace fiscale | Arturo Diaconale

25 Giugno 2018
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Sarà pure vero che Matteo Salvini dà voce in maniera istintiva alla pancia del Paese quando sostiene la necessità della pace fiscale attraverso la cancellazione dei debiti dei cittadini verso lo Stato fino alla quota di centomila euro. Chi disprezza gli umori che ribollono nella società nazionale ha subito bollato come condono, più o meno mascherato, la proposta del leader leghista. E ha spiegato per l’ennesima volta, con tutto il disprezzo che si deve verso gli umori di pancia, che i condoni sono misure ingiuste che privilegiano gli evasori e penalizzano i contribuenti corretti e regolari.

Ripulita dall’arroganza e dalla presunzione di chi si considera esponente di un ceto raziocinante e superiore, l’argomentazione è in linea generale più che fondata. Ma anche i principi più giusti debbono tenere conto del contesto in cui vanno calati. E se si ha l’umiltà di calare la regola che le tasse vanno sempre pagate in una realtà formata da una crisi che è partita all’inizio del terzo millennio per aggravarsi pesantemente dal 2008 fino ad oggi, ci si rende conto che l’umore di pancia a cui Salvini ha dato voce poggia su una valutazione niente affatto istintiva.

Il sistema economico italiano, formato per il novanta e passa per cento da imprese piccole e medie, ha reagito alla crisi che ha progressivamente bloccato l’accesso al credito, ricorrendo alla forma più semplice di autofinanziamento costituita da ogni possibile e immaginabile meccanismo di elusione e di evasione fiscale. La crisi ha prodotto ciò che viene normalmente provocato da una guerra rovinosa: ogni cittadino si è arrangiato come ha potuto per salvare la propria attività e in qualche caso anche la pelle.

I rigoristi del “Fiat iustitia et pereat mundus” hanno reagito, con il Governo Monti e con tutti i giustizialisti successivi, sostenendo che la crisi dovesse essere combattuta colpendo le vittime della crisi stessa. Come se i sopravvissuti a una guerra dovessero essere passati per le armi per la colpa di essere sopravvissuti. Ma quella ricetta ottusa non solo si è rivelata fallimentare, ma è stata anche la matrice principale di quegli umori di pancia che Salvini oggi cavalca con grande successo.

Dopo le guerre si varano amnistie per ricominciare a vivere. Dopo le crisi si punta sulla pace fiscale o, se vogliamo, sul condono. Per la stessa ragione.