La rete è piena di post di militanti del Movimento Cinque Stelle in cui si afferma in maniera perentoria che gli 11 milioni di voti raccolti dal Movimento in nome del programma Di Maio Premier impongono che lo stesso Di Maio diventi il nuovo capo del governo. Naturalmente gli stessi militanti sanno benissimo che se il Movimento 5 Stelle ha preso 11 milioni di voti pari al 32,5 per cento, tutte le altre forze politiche hanno conquistato il 67,5 per cento pari a più di 20 milioni di voti. E, quindi, visto che nella democrazia rappresentativa vale la regola che al governo vada chi riesce ad avere un partito o una coalizione in grado di conquistare più del cinquanta per cento, anche i più ottusi militanti sanno che se Di Maio non riesce a costruire una maggioranza parlamentare non potrà mai varcare da Presidente del Consiglio la soglia di Palazzo Chigi.
La richiesta di Di Maio Premier, dunque, è una trovata propagandistica. Che ha funzionato in campagna elettorale fornendo un obiettivo preciso a un elettorato che se ne infischiava della legge elettorale proporzionale e voleva solo una bandiera in cui riconoscersi. Ma che, a campagna elettorale conclusa e dopo più di quaranta giorni di consultazioni da cui è emerso con assoluta chiarezza che non esistono le condizioni per un governo guidato dal capo politico dei grillini, è destinata a ritorcersi pesantemente contro chi l’ha lanciata e continua a sostenerla.
Di Maio e i suoi propagandisti ora attaccheranno Matteo Salvini accusandolo di aver preferito Silvio Berlusconi (e un’alleanza di centrodestra che dura da più di vent’anni) al governo del cambiamento promesso dal Movimento Cinque Stelle. Ma neppure la più furibonda campagna propagandistica lanciata su questa ridicola accusa riuscirà a nascondere che il progetto di Luigi Di Maio è miseramente fallito.
Qualcuno, dentro i Cinque Stelle, incomincia ad accarezzare l’idea che Di Maio possa lasciare a Roberto Fico il testimone nella corsa per la guida del governo. Ma le condizioni politiche contrarie al governo Di Maio sono assolutamente simili a quelle che scatterebbero contro l’ipotesi del governo Fico. E, soprattutto, lo scontato fallimento di Fico non lenirebbe in alcun modo la delusione del popolo grillino per l’ingloriosa caduta della bandiera dietro cui erano andati con orgogliosa sicurezza durante la campagna elettorale.
E le delusioni, in politica, provocano sconquassi. La vicenda del Partito Democratico di Matteo Renzi insegna!