Le “divisioni” di Papa Francesco | Arturo Diaconale

8 Ottobre 2018
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“Ma quante divisioni ha il Papa?”. La domanda ironica di Giuseppe Stalin torna d’attualità nel momento in cui Papa Francesco conferma di voler intervenire nel dibattito politico non solo italiano ma europeo schierandosi sul fronte dei nemici del cosiddetto populismo. Quante “divisioni” ha allora Papa Francesco? E quanto potranno influire sull’esito delle prossime elezioni europee ormai trasformate in una sorta di scontro epocale tra europeisti globalisti ed antieuropeisti populisti?

La risposta che questa domanda ebbe negli anni di Stalin non può essere riproposta oggi. Perché allora la Chiesa cattolica non aveva divisioni militarizzate come all’epoca delle crociate, ma godeva di una autorità religiosa talmente forte in tutto il Vecchio Continente, anche nei Paesi dell’Est finiti dietro la cortina di ferro, da diventare il collante politico più resistente e vincente all’espansionismo sovietico ed ai partiti comunisti del mondo occidentale.

Quell’epoca è finita da tempo. Il processo di laicizzazione avvenuto in Europa nel secondo dopoguerra anche grazie allo sviluppo prorompente del consumismo capitalista, ha trasformato le divisioni non militarizzate ma potenti di allora in manipoli ristretti di organismi ed associazioni di militanti la cui identità religiosa risulta assolutamente sbiadita e marginale rispetto a quella politica, culturale, ideologica. In Europa i manipoli di Papa Francesco sono ridotti e si identificano in quelle stesse caste privilegiate e ristrette che hanno governato l’Unione europea negli ultimi decenni provocando la separazione sempre più marcata tra istituzioni e popolo. In Italia la situazione è diversa. Perché il peso delle gerarchie ecclesiastiche è tradizionalmente più forte. Ma la sostanza non è poi troppo dissimile dal quadro continentale. Azione Cattolica, Comunità di Sant’Egidio, Caritas, Acli, associazioni scoutistiche e di volontariato sociale sono le punte di lancia di un movimento che però non solo è elitario e minoritario nel Paese, come ha dimostrato il suo appiattimento sulle diverse organizzazioni politiche della sinistra nelle elezioni del 4 marzo, ma è anche isolato e ridotto rispetto alla totalità dei cattolici italiani.

Naturalmente anche questi manipoli di Papa Francesco non vanno sottovalutati. Perché, al di là del loro radicamento ridotto nella società nazionale, possono contare sul sostegno dei tradizionali poteri forti della Chiesa italiana. Ma la loro partecipazione attiva alla prossima campagna elettorale europea nasconde un pericolo che Papa Francesco dovrebbe tenere ben presente anche se a promuovere questa partecipazione è stato lui stesso. Quello della politicizzazione dello scontro in atto all’interno della Chiesa. E la formazione di una frattura nel mondo cattolico di difficilissima ricomposizione.