L’ultimo giro di Giuseppe Conte | Arturo Diaconale

28 Ottobre 2019
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Nessuno metteva in discussione che il voto umbro avrebbe portato alla vittoria del centro destra. Ma a nessuno sarebbe mai venuto in mente che il trionfo di Donatella Tesei avrebbe avuto le dimensioni raggiunte (venti punti di vantaggio sul competitore Vincenzo Bianconi sostenuto dall’alleanza Pd-M5S) e, soprattutto, che l’esperimento della alleanza tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle avrebbe subito una sconfessione così pesante. Non tanto per il partito di Nicola Zingaretti che può giustificare la flessione con la scissione di Matteo Renzi e con il disimpegno di Carlo Calenda. Ma soprattutto per il movimento guidato da Luigi Di Maio che ha dimezzato letteralmente i propri voti subendo una disfatta che si giustifica solo con la disaffezione dei propri elettori nei confronti di un partito disposto ad allearsi con i propri nemici storici.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sostiene che il voto umbro non deve interrompere il percorso verso la formazione di una alleanza organica, duratura e presente a livello nazionale e locale tra le forze che hanno dato vita al proprio governo. Ed è comprensibile che lo faccia. Se non difendesse la formula grazie a cui è rimasto a Palazzo Chigi non avrebbe altra strada che uscire dalla scena politica e ritornare alla propria professione. Ma i dirigenti del Movimento Cinque Stelle si trovano in una posizione diversa da quella del Premier e debbono necessariamente porsi l’interrogativo se la prosecuzione dell’esperimento caro a Conte non comporti automaticamente la dissoluzione, nel corso dei prossimi tre anni, del loro partito.

In questa luce tra gli effetti politici del risultato delle elezioni umbre non c’è solo il rilancio di Salvini e della Lega, il successo di Fratelli d’Italia e la difficile tenuta di Forza Italia per quanto riguarda il centro destra ma anche e soprattutto, per quanto concerne la sinistra, la separazione netta degli interessi del Presidente del Consiglio e di quelli del Movimento Cinque Stelle. Fino ad ora sembravano coincidere, al punto che Conte veniva addirittura candidato a diventare il leader del mondo grillino in sostituzione di Luigi Di Maio con la benedizione di Grillo e di Fico. Adesso, però, la coincidenza di interessi è saltata. Quello del Premier è diventato alternativo a quello del M5S. Ed anche se il conflitto non può portare immediatamente alla fine dell’attuale alleanza di governo, apre una frattura tra Conte ed i grillini che può sfociare solo nel sacrificio del primo in nome della sopravvivenza dei secondi. Insomma, per Conte è suonata la campanella dell’ultimo giro!