M5S: fin che dura, fa sconfitta | Arturo Diaconale

25 Marzo 2019
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Secondo i commentatori e gli analisti politici di sinistra il risultato delle elezioni regionali in Basilicata pone un gravissimo problema a Matteo Salvini. Quello di uscire il più presto possibile dalla contraddizione di stare al governo con i Cinque Stelle e conquistare una per una le regioni un tempo rosse con l’alleanza di centrodestra. Costoro hanno dimenticato gli anni della Prima Repubblica quando il Psi stava al governo con la Dc ed il centrosinistra e governava Regioni e Comuni con il Partito Comunista Italiano. Le contraddizioni in politica finiscono quando finisce la convenienza che le determina. Per cui, visto che per la Lega la contraddizione paga, è facile preventivare che non sarà di certo Salvini a rinunciare alla condizione di vantaggio che gli viene dallo stare nel governo nazionale con un Movimento Cinque Stelle in fase di rapida decrescita infelice e conquistare le amministrazioni locali con un centrodestra dove Forza Italia e Fratelli d’Italia conservano un ruolo che sarà pure minoritario ma che risulta indispensabile.

Alla sinistra, che ha scelto come “nemico numero uno” Salvini e non sa vedere altro che le possibili debolezze della propria ossessione, converrebbe guardare con maggiore attenzione alle conseguenze che la terza sconfitta di fila sta provocando all’interno del Movimento Cinque Stelle. Perché Salvini continuerà sulla sua strada senza tentennamenti di sorta. Ma i grillini potrebbero essere indotti a tentare di fermare la loro decrescita infelice rinunciando alla presenza nel governo e puntando a tornare il più rapidamente possibile all’opposizione. Non per tornare a vincere ma, almeno, per fermare il danno che il governismo sta loro provocando.

Nel M5S, in sostanza, cresce la fronda contro Luigi Di Maio e la tesi dell’ala governista fondata sul principio del “fin che dura, fa verdura”. Questa fronda calcola che se un anno di governo ha dimezzato i voti delle ultime politiche, un altro anno in queste condizioni dimezzerebbe anche il dimezzato portando il Movimento alla soglia del 10 per cento. Di qui l’idea di rompere il patto con Salvini il prima possibile e tornare all’opposizione dura ed intransigente per cercare di andare ad ottobre ad elezioni anticipate (prima della legge di bilancio) e bloccare con Alessandro Di Battista, Roberto Fico e magari Beppe Grillo lo sfaldamento in atto.

La sinistra dovrebbe essere interessata alla vicenda. Perché il Partito Democratico ha bisogno di tempo per rigenerarsi e se si andasse a votare dopo l’estate non riuscirebbe a stare in partita e cercare di recuperare i voti andati ai grillini il 4 marzo dello scorso anno.