“Revenge porn” e ipocrisia giustizialista | Arturo Diaconale

3 Aprile 2019
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Colpisce l’unanimità registrata in Parlamento sulla votazione della legge che prevede carcere e sanzioni pecuniarie severissime per chi compie dei ricatti e delle vendette di natura sessuale con filmati ed immagini messi nella Rete. A colpire non è l’improvvisa concordia registrata tra forze politiche che si scontrano abitualmente su provvedimenti legislativi di qualsiasi genere. E non perché non sarebbe necessario che questa concordia si manifestasse più spesso mettendo da parte gli interessi particolari dei singoli partiti di fronte all’interesse generale del Paese. Ma perché la concordia registrata sull’inasprimento delle pene per il “revenge porn” non è frutto dell’interesse generale, ma dell’ipocrisia collettiva.

I parlamentari che hanno votato la legge superando le barriere e le divergenze dei rispettivi partiti sanno benissimo che questa norma farà la fine delle famose “grida” dei governatori spagnoli della Lombardia degli anni a cavallo tra il Cinquecento ed il Seicento raccontate da Alessandro Manzoni nei sui “Promessi sposi”. Verrà applicata solo in qualche caso isolato ed esclusivamente a seguito dell’attenzione mediatica che ad esso verrà dedicata. Nella stragrande maggioranza dei casi la legge che punisce severamente il ricatto e la vendetta sessuale tramite il web e i social farà la stessa fine delle grida con cui i governatori spagnoli avrebbero voluto eliminare il fenomeno dei “bravi” al servizio violento dei vari Don Rodrigo dell’epoca. Rimarrà lettera morta. E non perché la paura delle pene indurrà i ricattatori ed i vendicatori sessuali a non compiere i reati, ma perché il fenomeno dell’uso della Rete come strumento per ritorsioni ed esibizionismi personali è talmente vasto da rendere inefficace qualsiasi iniziativa giudiziaria.

Ci sarà, naturalmente, qualche punizione esemplare per qualche vicenda clamorosa. Ma tutto avverrà in base a quella logica del colpirne uno per educarne cento, cioè dell’atto emblematico dall’intento didattico che non educherà nessuno ed evidenzierà l’esistenza dell’impunità generalizzata.

L’unanimità che colpisce, quindi, è quella che indica come la cultura dell’ipocrisia di stampo giustizialista sia ormai diventata egemone. Tutti sanno che i fenomeni sociali non si fronteggiano a colpi di pene aggravate ma tutti si affrettano a rivendicare il merito di aver aumentato la severità pubblica. Quella che aumenta l’impunità privata!