Rizzo, il fustigatore che non si fustiga | Arturo Diaconale

10 Marzo 2015
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Il prode Sergio Rizzo, eroe di tutte le battaglie anticasta, ha scritto un editoriale per il Corriere della Sera in cui si è doluto della mancata costituzione parte civile del governo nel processo che si celebra a Trani contro le agenzie di rating accusate di aver favorito, nel 2011, una pesantissima speculazione internazionale ai danni dell’Italia.

Nel suo editoriale, Rizzo ricorda lo scetticismo con cui venne accolta, negli ambienti politici e giudiziari, l’inchiesta aperta dal pubblico ministero Michele Ruggiero. Sottolinea la necessità di approfondire i rapporti tra la politica nazionale ed i grandi poteri finanziari. Ma s’imbarca in una singolare distinzione tra i sospetti fondati che riguarderebbero i conflitti d’interessi mai risolti che starebbero alla radice delle vicende del 2011 e quelli “risibili” che riguarderebbero la caduta del governo Berlusconi avvenuta in seguito proprio di quei conflitti mai risolti. E, soprattutto, a dispetto della sua fama di implacabile fustigatore, non cita neppure un nome di tutti quei ex ministri, ex direttori generali del Tesoro ed ex Presidenti del Consiglio che hanno avuto e magari continuano ad avere un rapporto di consulenza o di dipendenza con quella banca d’affari Morgan Stanley che nel 2011 incassò dal governo Monti due miliardi e mezzo di euro in pagamento di una penale provocata dal declassamento della nostra economia certificato dalla agenzia di rating di sua proprietà.

Si capisce l’imbarazzo del fustigatore di caste. Se avesse citato quei nomi avrebbe dovuto smascherare la casta a cui il suo giornale, il Corriere della Sera, e quindi lui stesso, è stato perennemente prono. Ma si è mai visto un fustigatore che fustiga se stesso?