Il Procuratore di Agrigento iscrive nel registro degli indagati il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Interni Matteo Salvini per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Il Procuratore di Genova pone il veto all’abbattimento dei tronconi del Ponte Morandi fissando il principio che la ricerca delle prove sulle responsabilità del crollo e della relativa strage ha la priorità su qualsiasi esigenza di ricostruzione o, comunque, di sollecito ritorno alla normalità per la popolazione di Genova e quella di mezza Italia obbligata a passare per la Liguria.
Il Procuratore di Agrigento Patronaggio e quello di Genova Cozzi compiono, magari con un eccesso di protagonismo più da Grande Fratello che da amministrazione della giustizia, degli atti dovuti. Ma questi “atti dovuti” sono destinati a risollevare in maniera clamorosa una questione che dagli ultimi decenni del secolo scorso rappresenta uno dei nodi più intricati e condizionanti della vita pubblica italiana. Quella dell’equilibrio tra i poteri nello stato di diritto. Un equilibrio che dagli anni ’90 in poi si è trasformato in uno squilibrio permanente a vantaggio del potere giudiziario su quello legislativo ed esecutivo. Al punto che sembra assolutamente legittimo che il Procuratore di Agrigento decida di scavalcare il potere esecutivo a colpi di fantasiose accuse di reati gravissimi ed indirizzi a proprio piacimento le linee di politica estera e di politica interna sul tema dell’accoglienza e dei rapporti con l’Europa. Ed appare addirittura scontato che il Procuratore di Genova stabilisca il suo personale “fiat lex, pereat mundus” fissando che nella scala di priorità della tragedia del Morandi al primo posto ci debba essere l’accertamento delle prove ed all’ultimo quello dalla vivibilità della città e del mondo che ruota attorno ad essa.
Salvini, ovviamente, ringrazia sentitamente i due magistrati. Alle prossime elezioni potrà legittimamente cavalcare il tema della giustizia politicizzata o semplicemente corporativa che impedisce di riequilibrare i rapporti con una Europa insensibile ai problemi italiani e che blocca ogni azione tesa a riportare serenità e tranquillità ai genovesi, ai liguri ed agli italiani tutti. Ma l’oggettivo favore fatto al leader leghista dai magistrati di Agrigento e di Genova ripropone il tema dello stato di diritto che, per restare tale, non può trasformarsi nella Repubblica dei Procuratori privi di qualsiasi forma di legittimazione democratica. Un tema che si traduce nell’esigenza di una seria riforma della giustizia, fattore di riavvicinamento tra Lega e Forza Italia e di riproposizione dell’alleanza di centro destra.