Sulla Libia la conversione anomala di Conte | Arturo Diaconale

29 Aprile 2019
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Nessuno si sogna di discutere sulla necessità della conversione decisa dal Presidente del Consiglio nel guazzabuglio libico. Continuare a sostenere al-Sarraj non era altro che una passiva prosecuzione della linea imposta a suo tempo dagli Stati Uniti di Barack Obama; linea che, dopo aver provocato le primavere arabe ed il loro fallimento, aveva spinto il nostro Paese ad appiattirsi nella vicenda libica su un governo che veniva sostenuto da Turchia, Qatar e Fratelli Musulmani chiaramente orientati a portare avanti i loro interessi nel Mediterraneo piuttosto che quelli italiani.

Ora che il successore di Obama, Donald Trump, si è deciso a ribaltare le scelte del suo predecessore anche sul teatro libico dopo quello del Medio Oriente, cioè a puntare sul fronte sunnita di Arabia Saudita, Egitto ed Emirati in contrapposizione ad Iran ed in concorso con Israele, Francia e Russia, appare evidente che il nostro Paese debba assumere una posizione quanto meno neutrale e terza nei confronti del belligeranti libici al-Sarraj e Khalifa Haftar. Non per servile appiattimento nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca, ma per un interesse nazionale che si difende meglio schierandosi dalla parte del tradizionale alleato americano piuttosto che dalla parte dei Fratelli Musulmani sostenuti da Turchia e Qatar e foraggiati dal regime komeinista iraniano.

Ciò di cui sarebbe invece indispensabile discutere ed approfondire è il modo con cui si è verificata la sterzata italiana su quel tema di politica estera che appare prioritario e vitale per il futuro del Paese. Non risulta che la questione sia stata discussa in una qualche riunione del Consiglio dei Ministri. In Parlamento, poi, a nessun componente del Governo è mai passato per la mente di aprire un qualsiasi dibattito sulla linea da tenere o da cambiare sulla Libia. Tra Giuseppe Conte ed il ministro degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, non sembra esserci stato alcun confronto sulla opportunità di diventare terzi rispetto ad al-Sarraj e Haftar. Per non parlare infine di una qualsiasi interlocuzione con i vicepresidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che sono troppo impegnati a polemizzare tra di loro in campagna elettorale per esaminare un problema serio e complesso come quello libico.

Come è avvenuta, allora, la conversione? In apparenza per folgorazione trumpiana mentre Conte si recava in Cina. Ma se questa è la risposta non si può non rilevare che, pur nella giustezza della decisione, il Presidente del Consiglio non ha alcun titolo per compiere da solo una scelta del genere.

Qualcuno spieghi a Conte che in Italia non vige né il presidenzialismo e neppure il premierato. In un sistema parlamentare e con un governo di coalizione, la discussione preventiva su scelte fondamentali è la regola. A meno che chi non la rispetta si sia convinto di non stare a Palazzo Chigi ma a Palazzo Venezia!