La speranza è il calcolo della probabilità. Ad esso si sono aggrappati e si aggrappano quanti sperano che la Lazio non riesca ad arrivare nella ultimissima fase finale del Campionato ed essere in grado di giocare le proprie carte per tagliare per prima il traguardo dello scudetto.
Presto o tardi, hanno detto e ripetono i gufetti stupiti e preoccupati per il percorso di crescita della squadra biancoceleste, si deve fermare. Non perché abbia carenze, stia perdendo freschezza, vivacità ed efficacia di gioco, capacità di conseguire risultati. Ma perché il calcolo delle probabilità stabilisce che arriverà comunque il momento in cui la parabola, dopo aver raggiunto l’apice, incomincerà la fasce discendente.
Un ex dirigente e manager uscito da giro calcistico per questioni giudiziarie ha addirittura stabilito che la legge delle probabilità sarà rapida visto che il problema della Lazio è la continuità. Come se il numero delle partite utili conseguito fino ad ora da Simone Inzaghi e dai suoi ragazzi non fosse sufficiente a fissare una linea di continuità destinata a continuare ad andare avanti. Naturalmente vanno fatti tutti i debiti scongiuri nei confronti di questi “calcolatori” del malaugurio. Ma, per quanto mi riguarda, oltre a non credere troppo a queste convinzioni balzane, ho una esperienza personale che mi fa dubitare dell’efficacia del calcolo delle probabilità. Avevo uno zio che per anni ed anni ha giocato la stessa schedina al Totocalcio nella certezza assoluta che presto o tardi sarebbe risultata vincente. Ma in vent’anni non è mai successo.
Perché mai alla Lazio potrebbe o dovrebbe succedere in quattro mesi?