Impedire alle navi delle Organizzazioni non governative di contribuire al traffico umano dall’Africa all’Europa è una misura efficace ma temporanea. Se si vuole trovare una soluzione più stabile al problema dell’immigrazione bisogna trovare intese precise con i Paesi di partenza dei disperati. Ma sarebbe assolutamente illusorio pensare che potrà bastare distribuire finanziamenti a pioggia ai governanti e ai signori della guerra delle zone di provenienza dei fuggitivi. Gli aiuti senza condizioni servono solo a incentivare ricatti sempre più forti. Ma per far accettare le condizioni non basta la capacità di convincere. È necessario anche poggiare il convincimento sull’ammonimento che i patti dovranno essere comunque rispettati. L’Europa, in sostanza, deve essere pronta anche ad usare la forza pur di impedire ricatti o trasgressioni. Ma una Europa che non riesce a diventare un soggetto politico unitario può pensare di riesumare una forma non dichiarata di colonialismo per sbrogliare il nodo dell’immigrazione?
Un interrogativo analogo può essere posto anche per la vicenda del censimento dei rom. In una società dove, attraverso la tecnologia, lo Stato esercita il massimo del controllo dei propri cittadini, la questione non si porrebbe neppure. Ma dopo decenni di cultura di esaltazione della differenza dei rom nei confronti del resto della popolazione, anche un atto assolutamente banale assume l’aspetto di una odiosa discriminazione di stampo razziale.
A ben guardare, in sostanza, sia la grande questione del grande salto verso l’unità politica dell’Europa, sia quella infinitamente inferiore del censimento di una particolare categoria sociale ed etnica, dipende da una profonda rivoluzione culturale da realizzare non solo nel Vecchio Continente ma nell’intero Occidente. Dal tramonto si deve passare a una nuova alba. Ma solo abbandonando la cultura devastante del politicamente corretto.