La sceneggiata sul condono si è conclusa confermando le previsioni della vigilia secondo cui non ci sarebbe stata alcuna rottura tra Lega e Movimento 5 Stelle e che un compromesso sarebbe stato comunque raggiunto. L’effetto della sceneggiata, però, non è stato solo quello di ingenerare nei mercati internazionali la sensazione di assoluta instabilità del governo italiano, con tutte le conseguenze economiche del caso. Ma anche quello di creare un clima di assoluta diffidenza tra i due partiti che hanno dato vita al governo di Giuseppe Conte e ribadire, come ha fatto Roberto Fico alla festa grillina del Circo Massimo, che Lega e M5S sono forze alternative ed antagoniste unite esclusivamente da un contratto contingente di potere.
Di fronte alla presa d’atto che leghisti e grillini sono separati in casa impossibilitati a divorziare per motivi di convenienza, molti si sono affrettati a pronosticare che il matrimonio forzato è destinato a durare fino alle elezioni europee. Ma una previsione del genere risulta priva di fondamento se non viene affiancata dalla considerazione che senza la nascita di una qualche alternativa il matrimonio sarà costretto ad andare avanti a dispetto delle incomprensioni, dei dispetti, delle ripicche e della sempre più marcata incompatibilità dei coniugi.
Esistono alternative praticabili a questa unione innaturale che rischia di diventare indissolubile? Sulla carta l’unica apparentemente praticabile nell’attuale legislatura sarebbe quella di un governo M5S-Partito Democratico. Ma l’apparenza, data dal calcolo dei numeri parlamentari, è fasulla. Perché nel Pd la spaccatura tra chi è favorevole e chi è contrario ad una eventuale alleanza in posizione subordinata al Movimento grillino è insanabile. Chi persegue l’obbiettivo di riesumare il Nazareno in chiave di fronte anti-populista ed anti-sovranista non potrà mai trovare un accordo con chi pensa solo di tornare all’unità delle sinistra considerando Fico e Di Battista non solo di sinistra ma anche disponibili a riportare al governo i rottamati del post-comunismo.
Sempre sulla carta, allora, l’unica alternativa possibile è quella del rilancio di un centrodestra in cui sia presente una componente liberale, popolare, riformista e riformatrice in grado di rappresentare le istanze dei ceti produttivi e professionali che non si oppongono al cambiamento ma lo vogliono senza forzature inutili ed avventurismi e dilettantismi pericolosi. Rilanciare quest’area dovrebbe essere il compito fondamentale di Forza Italia. Ma i fantasmi che la guidano, al momento, non battono colpi!