Forza Italia e l’ultimo allarme del Trentino | Arturo Diaconale

23 Ottobre 2018
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I dirigenti di Forza Italia si riconsolano del deludente risultato ottenuto in Trentino-Alto Adige rilevando che in quella provincia il partito non ha mai ottenuto risultati a due cifre e che, pur essendo sceso a numeri decisamente bassi, ha contribuito alla sonante vittoria del centrodestra.

La reazione è comprensibile. I commenti elettorali di chi è uscito sconfitto sono sempre caratterizzati dalla necessità di evidenziare la parte piena del bicchiere piuttosto che quella vuota. Ed in questo caso esaltare il successo del centrodestra piuttosto che soffermarsi sulla sconfitta forzista costituisce un comportamento comprensibile ed anche inevitabile.

Ma la comprensibilità e l’inevitabilità non possono essere il pretesto per archiviare in tutta fretta la vicenda. I risultati delle elezioni trentine hanno un doppio significato. Da un lato confermano l’indicazione emersa nelle politiche del 4 marzo secondo cui il vecchio centrodestra a trazione forzista è finito e che il nuovo centrodestra ha un nuovo motore trainante che è quello della Lega di Matteo Salvini. Dall’altro indicano che in questo rinnovato schieramento Forza Italia potrà continuare ad avere un ruolo determinante solo se riuscirà a conservare la sua utilità marginale, cioè la capacità di poter risultare indispensabile con i propri voti alla conquista della maggioranza. Nel momento in cui perderà questa utilità marginale la sua funzione sarà totalmente esaurita ed il suo ridimensionato bacino elettorale sarà assorbito in parte dalla Lega ed in parte dal Partito Democratico e dai Comitati Civici di Matteo Renzi.

Il voto trentino indica che questa utilità marginale è a rischio. E che se si vuole conservare un ruolo ed invertire la rotta si deve intervenire immediatamente prima che le prossime elezioni regionali ed europee diventino il mesto epilogo del declino in atto. Arroccarsi e fare quadrato, come il gruppo dirigente forzista tende a fare, non serve. Molto più utile sarebbe aprire un confronto con una base lasciata troppo tempo ai margini e da cui potrebbe scaturire l’energia e gli stimoli per ripartire. Anche perché l’esperienza insegna, come diceva Giulio Andreotti, che ai “quadrati” italiani manca sempre un lato!