L’accoglienza sbagliata produce i casi Desirée | Arturo Diaconale

25 Ottobre 2018
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Dove sono i seicentomila immigrati entrati in Italia in maniera clandestina e finiti in clandestinità per non aver trovato un lavoro in grado di consentire loro un inserimento dignitoso nella società nazionale? Chi vuole conosce la risposta non deve cercare nelle ricerche sociologiche o nei dati ufficiali o ufficiosi di organismi statali o privati. Non deve fare altro che recarsi nelle periferie dei grandi centri urbani e nei giardini o nei centri di accoglienza sparsi in tutte le città italiane in base al criterio secondo cui per evitare i ghetti urbani inglesi o francesi non c’è altra strada che diluire l’immigrazione negli ottomila comuni del Paese.

I seicentomila scomparsi, infatti, stanno tutti nelle periferie degradate, nei parchi non controllati, lungo i greti cittadini dei fiumi storici, delle ex fabbriche occupate e, naturalmente, in tutti i comuni che hanno accolto la loro quota parte di umanità disperata obbedendo alla logica in base alla quale più li diluisci nel territorio e meno li vedi.

Ora che scoppia a Roma, nel palazzo occupato del quartiere San Lorenzo, il caso Desirée, la sedicenne di Latina stuprata e uccisa dopo aver assunto una overdose letale, si scopre improvvisamente che alcuni dei seicentomila scomparsi si ritrovano stabilmente nell’edificio occupato dai centri sociali nell’ex quartiere operaio della Capitale divenuto uno dei centri della movida notturna dei romani e dei turisti.

Ma la scoperta vale solo per i media che, come avvenne a Macerata, possono denunciare scandalizzati come il degrado e la violenza abbiano conquistato il quartiere che subì i primi e unici bombardamenti di Roma nel 1943. I normali cittadini, quelli che abitano nel quartiere e subiscono quotidianamente le conseguenze delle occupazioni abusive da parte dei disperati che hanno trasformato la loro clandestinità in attività criminale, non hanno alcun bisogno di leggere i giornali o seguire le inchieste televisive. Sanno da sempre che mentre gli immigrati a cui viene dato un lavoro regolare riescono ad inserirsi in un tessuto sociale niente affatto razzista, quelli che non trovano alcuna occupazione finiscono inevitabilmente nei circuiti criminali. E, anzi, come avviene per la comunità nigeriana, danno vita ad una organizzazione mafiosa per lo spaccio della droga e della prostituzione che si affianca alle mafie nostrane nel controllo violento e illegale del territorio.

Tutti sanno, dunque, ma tutti fanno finta di non sapere. Perché predicare l’accoglienza mette in pace la coscienza (anche se provoca i casi Desirée).