La ministra della Difesa Elisabetta Trenta ha annunciato che, nel rispetto degli impegni internazionali assunti, cambierà tutte le missioni militari all’estero. Proposito lodevole. Se non fosse che prima di procedere al cambiamento sarebbe opportuno avere chiaro non solo il progetto complessivo dei mutamenti ma anche, e soprattutto, la visione strategica e geopolitica a cui ispirare il nuovo piano delle missioni all’estero. E questo progetto non esiste. Così come non si riesce a scorgere quale possa essere la visione strategica e geopolitica da perseguire per compiere la grande trasformazione.
Si dirà che sei mesi di governo sono pochi per poter affrontare e risolvere un problema di così ampia portata. In fondo la ministra è una capitana dell’Esercito ed ha bisogno di tempo per approfondire tematiche su cui ha la stessa competenza degli strateghi da caffè della Seconda guerra mondiale. Ma se il progetto manca e la visione è tutta da definire, perché mai si preannunciano cambiamenti che la stessa ministra non è in grado di conoscere?
La ragione di un annuncio così vuoto è solo quella di bilanciare in qualche modo le affermazioni fatte da Matteo Salvini in Israele sulla natura terroristica di Hezbollah. Il risultato è diverso ma simile a quello che la ministra Trenta ha contestato al leader della Lega. Se la linea filo-israeliana salviniana mette a rischio i soldati italiani schierati lungo il confine tra Israele e la parte del Libano controllata da Hezbollah, l’annuncio di un cambiamento radicale delle missioni provoca fibrillazioni ed agitazioni in tutti i militari impegnati in qualsiasi missione all’estero. Toglie loro delle certezze e li precarizza. Con tutte le conseguenze del caso, sicurezza compresa. Il tutto senza una sola motivazione diversa dalla necessità di non lasciare la scena della politica militare al solo Salvini.
Fino a quando si dovrà continuare ad assistere alle sceneggiate degli incompetenti al Governo?