Le strade conflittuali di Salvini e Di Maio | Arturo Diaconale

12 Dicembre 2018
opinionefoto_20181212093138550-1280x853.jpg

Il problema di Matteo Salvini è di arrivare alle elezioni europee tenendo in piedi l’attuale Governo per succhiare il maggior numero di voti all’alleato pentastellato ed al resto del centrodestra.

L’obiettivo è uscire dal voto con un consenso tale da trasformarlo nel leader di un partito diventato la principale forza politica del Paese. Viceversa, il problema di Luigi Di Maio è di contenere al massimo la fuoriuscita di voti verso i leghisti per non essere travolto dalla reazione furibonda della componente movimentista in caso di sconfitta troppo pesante. Salvini evita accuratamente di reagire alle provocazioni dei Cinque Stelle nel tentativo di lasciare nelle loro mani il possibile cerino della crisi. Di Maio è costretto a sfruttare ogni occasione per attaccare la Lega se non vuole uscire battuto dal voto europeo prima ancora che la campagna elettorale incominci ufficialmente.

Le strade dei due partiti che hanno sottoscritto il contratto di governo non sono parallele ma destinate fatalmente a scontrarsi. È possibile che Salvini riesca nel suo intento di rinviare l’impatto a dopo l’appuntamento europeo. Ma è probabile o che un qualsiasi incidente di percorso inneschi una esplosione incontrollabile o che Di Maio, per lisciare il pelo ai movimentisti e per salvare il proprio ruolo di capo politico del movimento, decida di staccare la spina subito dopo l’approvazione della Legge di Bilancio da parte del Parlamento e puntare, da gennaio fino a maggio, allo scontro frontale con l’alleato tornato ad essere nemico e principale concorrente.

Nessuno è in grado di fare previsioni al momento. Non tanto per quanto riguarda Salvini, il cui percorso è fin troppo evidente ed immodificabile. Ma soprattutto per il Movimento Cinque Stelle, che appare sempre di più come una aggregazione di ribellisti carichi di rabbie represse ma priva di una qualsiasi identità in grado di assicurare un credibile progetto politico per il Paese.

In fondo il vero punto debole di Luigi Di Maio è che il suo Movimento non ha alcuna identità. Il ché fino al 4 marzo è stato un vantaggio, ma dal momento dell’assunzione della responsabilità di governo è diventato un fattore di massima debolezza. Che Salvini, in possesso di una identità forte, non mancherà di sfruttare!