Ha ragione Matteo Salvini quando sostiene che fino alla data delle elezioni europee gli esponenti del Movimento Cinque Stelle non smetteranno mai di attaccare lui e la Lega. I grillini hanno bisogno di frenare la parabola discendente del proprio partito che si è manifestata nelle ultime elezioni amministrative. E non possono fare altro che alzare il tiro contro la Lega nel tentativo di mobilitare il proprio elettorato geneticamente avverso a quello leghista e tentare di strappare voti ad una sinistra a cui la cura di Nicola Zingaretti non sembra aver prodotto benefici evidenti e duraturi.
Manca alla previsione di Salvini una qualche valutazione su come la polemica continua dei grillini possa incidere sul proprio elettorato. Servirà a far serrare le fila dei leghisti decisi a resistere ad oltranza all’offensiva dell’alleato di governo? O, al contrario, incomincerà ad instillare tra gli elettori della Lega la sensazione che per evitare una crisi di governo il proprio partito è disposto a subire ogni tipo di offesa ed accettare che il Movimento Cinque Stelle torni ad essere la forza trainante della compagine governativa?
Prevedere la possibile reazione dell’elettorato leghista è importante. Serve a definire il punto di rottura oltre il quale l’offensiva grillina diventa inaccettabile ed insostenibile. Ma, soprattutto, serve a stabilire se e quando staccare la spina del governo nella considerazione che andare oltre potrebbe provocare la fine dell’onda di consenso favorevole alla Lega e l’avvio di un lento ma progressivo disamore per il suo “capitano”.
Vista in questa luce, la campagna elettorale per le Europee assume un valore politico fin troppo importante. Diventa la cartina di tornasole di quanto la presenza nel governo a fianco del Movimento Cinque Stelle continui a convenire a Matteo Salvini ed al suo partito. Può essere, infatti, che il voto europeo sia inferiore ai dati trionfali forniti dai sondaggi. E che il risultato faccia scoprire ai leghisti l’opportunità di bloccare il processo di disamore liberandosi, prima che sia troppo tardi, della causa di malessere del proprio elettorato.
Certo, la prospettiva della rottura è frenata dall’assenza delle alternative all’attuale quadro politico. Ma le alternative si costruiscono. E chissà che il voto non serva anche ad avviare una costruzione del genere!