In un sistema parlamentare il Parlamento è il luogo in cui si forma la maggioranza che esprime il governo. Ed è anche il luogo in cui si certifica, con il voto su questioni politicamente qualificanti, la fine della maggioranza e la conseguente caduta del governo.
Si può considerare il tema della Tav come una questione politicamente irrilevante? Ovviamente la risposta è negativa. È stato uno dei principali argomenti fondativi del Movimento Cinque Stelle e rappresenta la cartina di tornasole della totale differenza di impostazione politica e strategica tra la Lega ed i grillini. Questi ultimi sostengono che non il voto sulla Tav non riguarda e non tocca il governo. Ma la loro non è soltanto una manifestazione di analfabetismo istituzionale ma è anche e soprattutto una trovata dialettica per salvare la faccia rispetto ad un elettorato a cui avevano promesso che una volta al governo avrebbero bloccato la Tav e tutti i grandi lavori considerati la fucina di ogni forma di corruzione e malaffare del “ partito del cemento”.
La contraddizione, nel presentare come politicamente irrilevante la sconfitta subita in Parlamento sul tema più identitario della propria azione politica, è fin troppo evidente. Tanto più che questa sconfitta è avvenuta grazie al voto congiunto delle forze dell’opposizione e dell’altra componente della maggioranza. Ma quel che è peggio è che una contraddizione del genere non tranquillizza affatto l’elettorato del Movimento Cinque Stelle. Che sarà pure formato da ingenui giustizialisti ma non da babbei imbesuiti destinati a bere qualsiasi fandonia viene loro propinata dal gruppo dirigente grillini. La toppa, in sostanza, è peggiore del buco. E Beppe Grillo, che non è un babbeo, si è guardato bene da sostenerla limitandosi a prendere atto che sulla richiesta di cancellazione della Tav il Movimento non ha la maggioranza in Parlamento. Come a dire che gli elettori grillini se ne debbono fare una ragione e non possono non apprezzare la battaglia di principio condotta dal Movimento pur sapendo di andare incontro ad una sconfitta certa.
I grillini, allora, sono con le spalle al muro. Debbono subire passivamente le proteste della propria base e sono alla mercé, per quanto riguarda la loro sopravvivenza al governo, dalle decisioni di Matteo Salvini. Il che, paradossalmente rinvia la crisi almeno all’autunno. Perché mai il leader leghista dovrebbe rinunciare a sfruttare durante l’estate la condizione di difficoltà e di vassallaggio a cui i grillini si sono assoggettati?