Hanno perfettamente ragione sia il sottosegretario Giancarlo Giorgetti che il capo della Polizia Franco Gabrielli quando sostengono rispettivamente che la sospensione di una partita di calcio è una sconfitta per lo Stato e che il compito di decretare la fine dell’incontro e lo svuotamento dello stadio spetta non all’arbitro ma al responsabile della sicurezza. Dimostrare di non essere in grado di assicurare lo svolgimento regolare di un pubblico evento come una partita di calcio costituisce un atto di rinuncia da parte dello Stato della sua funzione prioritaria di garante dell’ordine pubblico. Al tempo stesso, è fin troppo evidente come la decisione di imporre il deflusso anticipato del pubblico debba spettare solo a chi ha la responsabilità di assicurare che l’evacuazione avvenga senza incidenti di sorta.
Naturalmente, però, Giorgetti e Gabrielli manifestano a ragione gli interessi dello Stato e quello delle Forze dell’Ordine di assicurare la sicurezza dei cittadini. Ma c’è anche un altro interesse da tutelare. Che è quello dello Sport. Cioè delle società calcistiche, della correttezza del campionato e di tutti quei tifosi che, senza essere responsabili degli episodi riprovevoli alla base del provvedimento di sospensione, verrebbe defraudati del loro legittimo diritto di assistere ad un evento sportivo da loro preventivamente pagato.
Contro tutti questi interessi viene sollevato, da parte di chi chiede la sospensione automatica delle partite in caso di cori razzisti od antisemiti, l’interesse etico, morale ed anche giuridico (la legge Mancino punisce le manifestazioni razziste ed antisemite). Questo interesse è sacrosanto. Ma per prevalere su tutti gli altri deve poggiare sulla dimensione esorbitante del fenomeno da condannare. Come dire che se la stragrande maggioranza dei tifosi infrange legge, etica e morale è logico stabilire la sospensione dell’incontro di calcio secondo le regole della Figc. Se, al contrario, è solo una parte marginale degli spettatori a compiere atti riprovevoli, il buon senso non può non far prevalere gli altri interessi, quelli dello Stato, delle Forze dell’Ordine, delle società, dei tifosi non colpevoli, dello sport.
La cultura politicamente corretta non prevede l’applicazione della proporzione e del buon senso. Senza rendersi minimamente conto che se la sua regola manichea venisse applicata, Stato, Polizia, società, tifosi e lo Sport sarebbero alla mercé di qualsiasi gruppuscolo deciso ad imporre la propria volontà prevaricatrice e ricattatrice alle istituzioni ed alla società civile.