A proposito delle polemiche sulla mia “Rubrica biancoceleste” | Arturo Diaconale

8 Gennaio 2020
lazio-1.png
Una delle regole auree del giornalismo stabilisce che se un tuo scritto viene male interpretato e suscita equivoci, vuol dire che non era chiaro. Per questo, a proposito delle polemiche suscitate dalla mia prima “Rubrica biancoceleste”, cerco di fornire alcune precisazioni.

La prima è che il termine “Lazietta” non è stato inventato da me ma da quei critici e denigratori che negli anni passati, sia nei periodi più bui e drammatici che in quelli fulgidi dei due scudetti, si ostinavano a considerare la nostra una squadra di basso livello esterna ed estranea al gotha del calcio nazionale a causa della precarietà della sua condizione societaria.

Non era mia intenzione mettere a confronto la Lazio odierna con quelle del passato, ma solo ribadire il dato inequivocabile che solo la presenza di una proprietà presente, attiva, capace e solida riesce a dare continuità ad un progetto di crescita di una squadra proiettandola verso i massimi livelli del calcio nazionale ed internazionale. Quando manca questa condizione proprietaria anche le squadre provviste di grandi giocatori soffrono ed entrano in crisi.

La seconda precisazione è che non ho deciso di scrivere una “Rubrica biancoceleste” per ragioni professionali (il mio ruolo di portavoce del presidente Claudio Lotito e direttore della comunicazione), ma solo perché sono un tifoso laziale da parecchi decenni prima del mio incarico e mi sembra non solo corretto ma anche doveroso dare voce alla mia passione usando canali mediatici personali e non della società.

La terza precisazione, infine, riguarda il tipo di contestazioni che ho ricevuto. Proprio perché tifoso da sempre dei colori biancocelesti, non intendo prendere lezioni di lazialità da nessuno (tantomeno da alcuni di quei denigratori del passato che mi hanno contestato per aver citato il termine “Lazietta” da loro sempre usato per metterci sempre e comunque all’angolo rispetto alle squadre del Nord ed alla “cugina” della Capitale).

A tutti coloro che poi mi hanno aggredito verbalmente rispondo, sorridendo, citando quanto disse Totò in “Guardie e ladri” ad Aldo Fabrizi che gli ordinava di fermarsi minacciandolo in caso contrario di sparare a scopo intimidatorio: “Io non mi intimido!”.

Non l’ho fatto per una vita e per ragioni politiche. Figuriamoci se lo faccio ora di fronte a chi non capisce per inguaribili pregiudizi.