Non c’è nulla da scandalizzarsi se i biglietti per la prima della “Tosca” alla Scala di Milano contavano dai 2500 euro della platea ai 700 del loggione. È fin troppo giusto e normale che chiunque voglia partecipare ad un evento super-esclusivo come quello verificatosi nel Tempio dell’Opera il 7 dicembre scorso paghi il prezzo imposto dalla legge della domanda e dell’offerta. Non importa se a motivare questa partecipazione sia stata la passione per Puccini o la voglia di dare mostra di sé di fronte al Presidente della Repubblica, alla telecamere della Rai o ai massimi rappresentanti del cosiddetto bel mondo. E neppure importa se il biglietto sia stato pagato di tasca propria o fatto pagare dalla azienda e società di appartenenza sotto la voce “rappresentanza”. Alla rappresentazione di “Tosca” c’erano i vip dei vip. E chi ha avuto voglia e soldi per andarci ha fatto bene a farlo.
Un motivo, magari non di scandalo ma almeno di riflessione, però, viene posto dalla platea dei ricchi da 2500 euro a biglietto, una platea che con il suo lungo applauso a Sergio Mattarella non ha voluto manifestare solo rispetto e considerazione per il simbolo delle istituzioni repubblicane ma anche la propria adesione alla cultura dominante rappresentata dall’attuale Capo dello Stato.
Questa platea formata dalla parte più abbiente e colta del cosiddetto ceto medio riflessivo, che vota a sinistra e si considera la parte migliore e moralmente superiore del paese, è quella che attraverso i suoi media politicamente corretti non perde occasione per denunciare l’aumento crescente delle diseguaglianze sociali nel paese e per chiedere che lo stato intervenga per ridurre le distanze tra ricchi e poveri e realizzare una società più egualitaria e più giusta. Certo, non c’è contraddizione tra predicare bene e spendere 2500 euro per un posto all’Opera. Ma il sospetto che la contraddizione ci sia scatta quando poi si deve registrare che è proprio questa parte più abbiente ed esclusiva del ceto medio riflessivo che da un lato chiede l’eguaglianza per mettersi a posto la coscienza e dall’altro si esibisce nel trionfo della diseguaglianza e della propria condizione di casta privilegiata e super-elitaria.
“Tosca”, dunque, è stato un pretesto. Alla Scala è andata in scena l’ipocrisia politicamente corretta!