“Capitale corrotta, nazione infetta”. L’inchiesta di Manlio Cancogni sulla speculazione edilizia del secondo dopoguerra romano risale al 1955. L’accusa de “L’Espresso” fece grande clamore ed è giustamente entrata nella storia del giornalismo italiano. Ma di risultati pratici ne produsse pochi. Da allora in poi la poltrona più ambita delle giunte comunali di ogni colore rimase sempre quella dell’assessorato ai Lavori pubblici. A dimostrazione e conferma che le speculazioni edilizie a Roma sono sempre rimaste la principale vocazione delle forze politiche provviste di un qualche peso in Campidoglio.
Sulla base di questa esperienza non stupisce l’inchiesta sul costruttore Luca Parnasi impegnato nel progetto dello stadio dell’A.S. Roma che ha portato all’arresto del presidente della Giunta comunale Marcello De Vito con l’accusa di aver ricevuto tangenti per favorire la realizzazione dell’opera. Certe pessime tradizioni sono, evidentemente, più forti di qualsiasi proclama in favore dell’“onestà” e della lotta alla corruzione. Il vero interesse, semmai, scatta per le conseguenze politiche della vicenda. Perché se “Capitale corrotta, nazione infetta” marchiò in maniera indelebile la tendenza ai peccati di corruzione della Democrazia Cristiana della Prima Repubblica, l’arresto di uno dei capi romani del Movimento Cinque Stelle non può non marchiare in maniera altrettanto indelebile la credibilità complessiva del Movimento fondato da Beppe Grillo.
L’espulsione immediata di De Vito non restituisce la verginità morale al partito oggi guidato da Luigi Di Maio. Se la Capitale continua ad essere corrotta per colpa dell’esponente grillino che si era più distinto nel gridare “onestà, onestà” e nell’assumere posizioni di stampo giacobino contro ogni forma di corruzione, si arriva fatalmente alla conclusione che l’infezione riguarda l’intero movimento. Una infezione che è la conseguenza inevitabile di un potere politico conquistato senza esperienza e competenza e che viene gestito nella consapevolezza espressa da De Vito di aver avuto una fortuna destinata a svanire in poco tempo e, per questo motivo, da sfruttare il più velocemente e ferocemente possibile.
È facile prevedere che i vertici nazionali grillini faranno quadrato contro le richieste di dimissioni della giunta di Virginia Raggi. Ma è ancora più facile stabilire che la tesi “Capitale corrotta, M5S infetto” diventerà l’accusa più devastante che il Movimento dovrà fronteggiare da qui ai prossimi anni.