Contro l’idea di elezioni anticipate gestite ancora dal Pd | Arturo Diaconale
Italian Prime Minister Paolo Gentiloni (R) during the meeting with Italian President Sergio Mattarella at the Quirinale Palace in Rome, Italy, 24 March 2018.

27 Marzo 2018
27-marzo-2018.jpg
Una delle tesi più singolari che girano con insistenza ormai da parecchi mesi è quella secondo cui, se tutti i tentativi di dare vita a un governo dovessero fallire, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe incaricare l’attuare presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, dimissionario ma in carica per gli affari correnti, di continuare a restare a Palazzo Chigi per gestire le successive elezioni anticipate.

Una delle tesi più singolari che girano con insistenza ormai da parecchi mesi è quella secondo cui, se tutti i tentativi di dare vita a un governo dovessero fallire, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe incaricare l’attuare presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, dimissionario ma in carica per gli affari correnti, di continuare a restare a Palazzo Chigi per gestire le successive elezioni anticipate.

La singolarità della tesi è tutta nel postulato da cui sembra discendere. Quello secondo cui ogni governo diverso da quelli di centrosinistra a egemonia Pd, in particolare quelli che si sono succeduti negli anni della precedente legislatura, costituiscano delle anomalie repubblicane da scongiurare come la peste. Il postulato non tiene minimamente in conto che in democrazia a contare è la volontà popolare espressa attraverso le elezioni e non i presunti titoli nobiliari acquisiti nel corso dei decenni. Nasce, al contrario, dall’antica pretesa della sinistra italiana di radice comunista di considerarsi l’aristocrazia fondatrice della Repubblica e, in quanto tale, di essere l’unica titolata a dare legittimazione ai governi del Paese.

Questa pretesa, nata nell’immediato secondo dopoguerra, si consolidò negli anni ’70 diventando ideologia fondante dello stato democratico durante i tragici giorni del rapimento di Aldo Moro. E trovò nuovo alimento durante il ventennio del bipolarismo della Seconda Repubblica quando la delegittimazione del polo di centrodestra berlusconiano, a causa della sua matrice populista e non di artefice della Costituzione, divenne il tema aggregante e ossessivo dello schieramento opposto di centrosinistra.

È comprensibile che pretese del genere, radicate per tanti anni, possano continuare a persistere anche all’interno delle istituzioni. Ma è auspicabile che al Quirinale si incominci a considerare che il tempo dei privilegi aristocratici sia definitivamente tramontato. Prevedere la prorogatio ad libitum del Governo Gentiloni, per consentire a un Esecutivo del Partito Democratico di gestire elezioni anticipate successive a una sconfitta elettorale del Pd stesso, sarebbe una forzatura inaccettabile. Degna di uno Scalfaro, non di Mattarella!