Il veto pregiudiziale di Luigi Di Maio nei confronti di Silvio Berlusconi e di Forza Italia non ha nulla di morale ma tutto di politico. Nessuno dubita che la base grillina sia animata da un’ostilità preconcetta nei confronti del Cavaliere e del suo partito derivante da quel moralismo di marca girotondina che è nato negli anni dell’antiberlusconismo militante e che è rimasto attaccato al movimento fondato da Beppe Grillo e da Gianroberto Casaleggio.
Ma a determinare i comportamenti di Luigi Di Maio non c’è il moralismo d’antan o la necessità di accarezzare il pelo dei propri militanti di base, ma solo una precisa esigenza politica. Quella di spaccare lo schieramento del centrodestra separando Matteo Salvini da Berlusconi per avere la possibilità di rinchiudere la Lega entro i confini del 17 per cento conquistato il 4 marzo e diventare l’unico pretendente serio al ruolo di Presidente del Consiglio.
Il tentativo del “capo politico” del Movimento 5 Stelle è di cancellare il 37 per cento conquistato unitariamente dal centrodestra per avere facile gioco nel presentarsi alle consultazioni del capo dello Stato con la qualifica di rappresentante della forza politica più votata dagli italiani. Di fronte alla parcellizzazione dello schieramento moderato e al 32 per cento dei grillini, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non potrebbe avere alcuna esitazione nel conferire a Di Maio l’incarico di formare il Governo. E lo stesso Di Maio, forte dell’incarico ricevuto in qualità di partito più votato dal corpo elettorale, non avrebbe a sua volta alcuna difficoltà a cercare di spaccare il Partito Democratico ottenendo, dalla parte già pronta a salire sul carro del vincitore, i numeri necessari per dare vita a un monocolore grillino segnato dalla presenza di qualche esponente della sinistra Pd.
Nell’opporsi a questa strategia, Matteo Salvini non compie alcun atto d’amicizia imperitura nei confronti di Silvio Berlusconi ma si limita esclusivamente a difendere se stesso, il proprio partito e la speranza di andare a Palazzo Chigi al posto di Luigi Di Maio.
E il moralismo? È lasciato ai bambini invecchiati dei girotondi!