Dai due forni di Di Maio a quelli di Salvini | Arturo Diaconale

16 Maggio 2018
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Hanno perfettamente ragione quanti ricordano che nella Prima Repubblica i socialisti erano al governo nazionale con la Democrazia Cristiana e nelle regioni rosse con il Partito Comunista senza che la faccenda provocasse scandalo o sconquassi di sorta. E hanno altrettanto ragione quanti ricordano che dopo il 2011 Forza Italia abbia favorito la nascita prima del Governo Monti e poi del Governo Letta mentre la Lega sia rimasta all’opposizione senza fare sconti a nessuno.

I precedenti sembrano avallare la tesi di chi sostiene che la nascita del Governo giallo-verde non provocherebbe la rottura dell’alleanza del centrodestra, ma consentirebbe a Matteo Salvini di giocare all’interno della nuova coalizione un ruolo da rappresentante del 37 per cento piuttosto che del 17 per cento.

L’argomento ha una sua logica. Perché mette in condizione il leader leghista di poter contenere la tendenza all’esondazione di Luigi Di Maio applicando quella politica dei “due forni” che i grillini hanno utilizzato dal 4 marzo nei confronti di Lega e Partito Democratico per mantenere saldamente il centro della scena politica nazionale.

Naturalmente a questo argomento non mancano le controindicazioni. A partire da quella che ricorda come le condizioni politiche in cui si trovava il Partito socialista italiano nella Prima Repubblica sono totalmente diverse da quelle in cui si trova la Lega oggi. A finire con chi più concretamente sottolinea come i sostegni di Forza Italia a Mario Monti e a Enrico Letta abbiano di fatto consentito alla Lega di uscire dalla crisi della fase finale del bossismo e di incominciare a raccogliere a mani basse nell’elettorato forzista con il progetto di Salvini del leghismo nazionale e lepenista.

L’impresa a cui si accinge il leader della Lega chiudendo il Patto di governo con i Cinque Stelle non è affatto facile. Perché il suo esito positivo dipenderà da come verranno costantemente mantenute in equilibrio la solidarietà con i grillini nella maggioranza governativa e la solidarietà con gli alleati nella coalizione di centrodestra. Una qualsiasi perdita di questo equilibrio determinerebbe la rottura della maggioranza di governo o la rinuncia di Salvini a essere il leader dell’intero centrodestra.

Se il Governo nasce, l’esigenza di mantenere questo equilibrio durerà fino alle elezioni europee del prossimo anno. I risultati del voto imporranno la scelta definitiva.