Dal Porto delle Nebbie al Palio di Roma | Arturo Diaconale

30 Maggio 2019
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Una volta la Procura di Roma veniva definita “il porto delle nebbie”. Perché qualunque inchiesta riguardante il potere politico della Prima Repubblica veniva ormeggiata nei settori coperti da nebbia fitta fino a quando si sgonfiavano e si confondevano con la coltre oscura ed ovattata. Erano i tempi in cui i vertici della magistratura dipendevano in maniera solidissima dai principali partiti di governo (Dc e Psi) ed accettavano ben volentieri questa condizione subordinata che garantiva privilegi e stabilità.

Quel “porto delle nebbie” non esiste più. La subordinazione è finita, la magistratura si è liberata dal peso opprimente e condizionante della politica. Ma, alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni, c’è da chiedersi se non fosse meglio quando si stava peggio visto che l’autogestione corporativa delle toghe ha di fatto trasformato la Procura nebbiosa nel pozzo dei veleni.

Lo scenario in cui questi veleni vengono sparsi a piene mani è quello della successione al Procuratore Capo Giuseppe Pignatone, andato in pensione. Nel momento in cui l’ex procuratore ha lasciato la poltrona e si è aperta ufficialmente la corsa alla sua sostituzione, è scoppiata una guerra tra diverse componenti della magistratura che ha scelto come terreno di scontro non le discussioni ma le inchieste giudiziarie. Come se l’uso politico della giustizia, divenuto pratica ormai continua tra i partiti e le fazioni dei partiti, si sia trasformato nello strumento preferito per la soluzione dei conflitti anche da parte dei magistrati.

Il fenomeno è scandaloso. E fin troppo inquietante. Perché non mette solo in mostra come la corsa per il ruolo di capo della Procura di Roma sia diventata una sorta di “palio” in cui l’unica regola è quella dell’assenza di qualsiasi regola. Ma fa apparire la magistratura come una categoria imitatrice delle peggiori pratiche in uso di quella politica a cui troppo spesso tende a supplire ed a scavalcare. Ma, soprattutto, ingenera una ondata di sfiducia nei confronti della giustizia da parte dei cittadini e pone l’interrogativo di fondo sulla validità del principio dell’autogoverno delle toghe.

Chi sparge veleni nel vecchio porto delle nebbie non si pone questi problemi. Ma non si rende neppure conto che sta segando il ramo su cui è seduto nella prospettiva di un tonfo da cui si può uscire solo con un nuovo assetto del sistema giustizia!