Per votare a giugno si sarebbe dovuto procedere allo scioglimento delle Camere il 24 aprile. La legge elettorale impone questi tempi. E il fatto che Luigi Di Maio abbia chiesto di tornare immediatamente al voto senza mostrare di conoscere le procedure e i tempi imposti dalla legge è un segno fin troppo indicativo del pressapochismo del capo politico dei Cinque Stelle e dei suoi più fidati collaboratori.
Inesperienza? È dalla scorsa legislatura che ogni volta in cui i grillini sono chiamati a compiere atti politici fuori dalla propaganda elettorale si tira in ballo questa giustificazione per i loro errori e la loro inadeguatezza. È avvenuto a Roma, a Torino, in tutte le amministrazioni dove il M5S ha vinto le competizioni elettorali. E ora si torna a tirare in ballo l’ingenuità e l’assenza di esperienza per spiegare il completo fallimento della strategia dei due forni usata da Luigi Di Maio e da Davide Casaleggio per piegare ai propri interessi Lega e Partito Democratico e conquistare trionfalmente la guida del governo nazionale.
L’inesperienza, però, può valere negli atti amministrativi ma non può essere tirata in ballo per le strategie politiche. Non è per inesperienza che Di Maio non ha capito l’impossibilità di spaccare contemporaneamente il centrodestra e il Pd per satellizzare indifferentemente a proprio vantaggio uno degli spezzoni delle due entità politiche. Ma, molto più semplicemente, è stato per arroganza, presunzione e totale incapacità di lettura della politica nazionale. L’arroganza ha spinto Di Maio a pensare di essere stato eletto plebiscitariamente alla guida del Paese facendo finta di ignorare che il sistema elettorale non prevede l’elezione diretta del Premier. La presunzione gli ha fatto credere di essere l’artefice e fondatore della Terza Repubblica in nome di un cambiamento volutamente ambiguo vista l’equivalenza dei due forni. Ma è stato soprattutto perché non conosce la storia che si è messo in testa di frantumare l’alleanza di centrodestra che dura da vent’anni e governa mezza Italia e di allearsi con la minoranza governista del Pd per liquidare definitivamente Matteo Renzi che invece controlla ancora con il pugno di ferro la maggioranza del partito.
Sapere che un pressapochista del genere non diventerà Presidente del Consiglio è una bella consolazione!