I forni chiusi di Luigi Di Maio | Arturo Diaconale
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

30 Aprile 2018
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È sicuramente vero che Matteo Renzi, come ha detto Luigi Di Maio, abbia un “ego smisurato”. Ma non si sbaglia di certo se si rileva che l’ex segretario del Partito Democratico ha come imitatore e compagno di ventura politica proprio quel Di Maio che lo ha accusato di aver gettato al vento, in nome del proprio Super-io offeso dalla sconfitta elettorale, l’occasione storica di dare al Pd il ruolo di stampella del primo governo grillino della storia repubblicana.

E il parallelismo tra Renzi e Di Maio non si ferma qui. Perché in comune i due non hanno solo la pretesa di essere molti palmi al di sopra di chiunque, ma anche di essere i veri sconfitti della scena politica italiana. Renzi ha sulle spalle il peso della batosta elettorale del 4 marzo e incomincia, proprio con la scelta del no all’ipotesi del patto di governo tra Movimento 5 Stelle e Pd, a cercare di reagire alla valanga che gli è piombata addosso. Di Maio, che si considera il vero vincitore delle ultime elezioni e che in nome di questa vittoria ha rivendicato dalla sera del risultato elettorale il diritto di guidare il nuovo governo, è invece l’unico e autentico sconfitto della crisi politica in atto.

Dopo due mesi di consultazioni del Presidente della Repubblica, infatti, il dato più sicuro giunto al Quirinale dalle discussioni tra le forze politiche è che Di Maio non potrà in ogni caso essere il prossimo Presidente del Consiglio. La politica dei due forni seguita da imbarazzante sicumera dal capo politico dei grillini è clamorosamente fallita.

Di Maio non potrà mai essere il capo di un governo formato nel forno leghista visto che Matteo Salvini ha confermato la propria fedeltà allo schieramento del centrodestra. E, dopo la chiusura senza possibilità di ripensamento di Renzi, lo stesso Di Maio non potrà mai fare il proprio ingresso a Palazzo Chigi alla guida di un Esecutivo formato da grillini e democratici.

Insomma, anche se Di Maio pensa di essere stato eletto direttamente dal popolo dimenticando che il 68 per cento degli italiani non ha votato per lui, non potrà in alcun caso diventare capo del governo. Se mai si riaprisse il forno leghista, infatti, si dovrebbe accontentare di fare da alleato di minoranza del centrodestra unito, cioè da stampella di Salvini.

Per reagire a questa sconfitta bruciante, Di Maio chiede ora le elezioni anticipate scaricandone la colpa sui forni spenti che non gli hanno consentito di diventare Premier. Ma chi glielo dice che gli italiani hanno capito che se si tornasse al voto la colpa sarebbe del suo “ego smisurato”?